L'Eta consegna tutte le armi. Rajoy archivia il terrorismo basco

Maurizio Stefanini

Cerimonia nella città di Bayonne. Non è uno scioglimento: Euskadi ta Askatasuna resterà in esistenza, sia pure come “organizzazione disarmata”

Sabato 9 aprile 2017 è il giorno scelto dall’Eta per consegnare tutte le armi ancora in suo possesso a “rappresentanti della società civile del Paese Basco”, in una cerimonia che avrà luogo nella città di Bayonne: anch’essa nel Paese Basco, ma nella sua parte francese. Non è uno scioglimento: Euskadi ta Askatasuna (= Paese Basco e Libertà) resterà in esistenza, sia pure come “organizzazione disarmata”. Non è neanche la fine della lotta armata: in effetti questa era stata proclamata il 20 ottobre del 2011; un cessate il fuoco “permanente”, “generale” e “verificabile dalla comunità internazionale” era stato annunciato il 10 gennaio 2011; e l’ultimo omicidio era stato compiuto dall’Eta il 16 marzo del 2010. Curiosamente, era stato anche il primo commesso ai danni di un membro delle forze dell’ordine francesi: il poliziotto Jean-Serge Nérin, colpito mentre inseguiva due “etarras” che in territorio francese avevano rubato un autoveicolo. Le ultime vittime spagnole erano state il 30 luglio 2009: gli agenti della Guardia Civil Carlos Sáenz de Tejada García e Diego Salvá Lezaun, uccisi a Calviá, nelle Isole Baleari, da una bomba piazzata sotto al loro veicolo. Con la stessa tecnica era stato ucciso il 19 giugno 2009 l’ispettore di Polizia Eduardo Antonio Puelles García, ultima vittima dell’Eta in territorio basco.

 

Non è l’inizio di un processo di pace, dal momento che il governo spagnolo continua a rifiutare qualsiasi riconoscimento formale. L’arsenale consegnato non è in realtà gran cosa: nel dicembre del 2016 le autorità francesi avevano sequestrato all’Eta 12 pistole mitragliatrici, nove fucili, 25 armi corte e due granate, e secondo le stime del País presumibilmente in mano al gruppo non rimarrebbero più di 280 armi. Per di più, con quel che sta accadendo in Siria la notizia rischia di essere seguita con attenzioni minima sui media mondiali.

 

Con tutto ciò, si tratta di un evento storico. È un nuovo clamoroso successo per Mariano Rajoy, dopo quello economico ottenuto contro la recessione e quello politico dell’essere riuscito a formare un governo dopo 10 mesi di crisi e malgrado la sfida di Podemos. Ed è la fine di una sanguinosa avventura durata quasi mezzo secolo, durante il quale l’Eta ha ucciso 829 persone: 486 militari o poliziotto, tra cui 203 membri della Guardia Civil; e 434 civili.

 

Sebbene infatti l’Eta sia stata fondata il 31 luglio 1959 e la sua prima azione armata sia stata il tentativo di far deragliare un treno di militanti franchisti il 17 luglio 1961, in realtà il suo primo omicidio fu commesso solo il 7 giugno 1968: vittima la Guardia Civil José Antonio Pardines Arcay, colpito da 5 pallottole mentre controllava un’auto apparentemente rubata durante un’operazione d controllo del traffico. Negli anni precedenti nel gruppo c’erano state molte discussioni a proposito dell’opportunità di adottare effettivamente il terrorismo come metodo di lotta, e il fatto che questa rottura degli indugi sia stata una decisione “sessantottina” contribuisce ulteriormente all’immagine di estrema sinistra che all’Eta è associata. Tecnicamente, però, il nazionalismo basco ha un passato che viene addirittura dall’estrema destra. Nella sua preistoria stanno infatti le tre Guerre Carliste che nella Spagna dell’800 contrappongono per la successione i due rami della dinastia dei Borboni. Tra i seguaci di Don Carlos ci sono infatti non solo tradizionalisti cattolici, ma anche baschi e catalani in contrapposizione ai liberali che appoggiano la reggente Maria Cristina, e che si presentano col volto di un centralismo giacobino alla francese. Sabino Arana, fondatore nel 1894 del Partido Nacionalista Vasco (Pnv), è appunto un leader carlista che dopo l’ennesima sconfitta perde ogni speranza sul futuro della “Tradizione” in una Spagna unita, e si volge definitivamente all’utopia di un Paese Basco indipendente e “cristiano”.

 

“Janugoikoa eta lagi zarra” è infatti il motto del Pnv: “Dio è la nostra legge antica”. Ma nel 1936 il nazionalismo basco si trova di fronte a un quadro rovesciato: i repubblicani, eredi dei liberali ottocenteschi, sono ora i fautori del regionalismo; e il cattolico Franco è il centralista. Il Pnv si tura il naso e si allea con la sinistra, ritrovandosi così dopo il 1939 nella clandestinità, mentre ogni autonomia è soppressa e la lingua basca vietata. Quel paradosso di un partito di destra cattolica all’opposizione contro una dittatura anch’essa di destra cattolica è troppo stridente perché nel 1959 non ci sia la scissione dell’Eta. Simbolo: un serpente che sui avvolge attorno a un’ascia. Motto: Bietan jarrai , “perseguire entrambi”, la lotta politica e quella armata. Va detto che in origine Euskadi ta Askatasuna dice di ispirarsi anche alla lotta dei sionisti per la creazione dello Stato di Israele, oltre che alla guerriglia algerina e alla ribellione di Lumumba in Congo. La virata verso il marxismo-leninismo più intransigente è successiva, chiarendo però subito che l’ideologia è secondaria rispetto alla battaglia per l’indipendenza. “I partiti antifranchisti lottano contro Franco come se non esistesse la questione basca”, spiega. “L’Eta lotta per la questione basca come se non esistesse Franco”.

 

Il 20 dicembre 1973 l’Eta compie la sua azione più famosa: l’attentato all’ammiraglio Luis Carrero Blanco, capo del governo e successore designato del generale Francisco Franco. “Ogro” è il titolo del famoso film in cui Gillo Pontecovo racconta la storia di come gli “etarras” scavarono un tunnel sotto il livello della strada e lo riempirono di tanto esplosivo da far schizzare l’auto dell’ammiraglio oltre i 40 metri di altezza. Con quell’azione l’Eta aveva risposto a quel Processo di Burgos con cui il 28 dicembre del 1970 sei etarras erano stati condannati a morte, poi commutata all’ergastolo, e altri 10 a complessivi sette secoli di prigione. Controrisposta del regime le altre sentenze di morte che il 27 settembre 1975 colpiscono due etarras e tre membri del Fronte Rivoluzionario Antifascista e Patriota (Frap). Stavolta sono eseguite, malgrado le proteste internazionali.
Sono le ultime condanne a morte della storia spagnola. Di lì a poco Franco muore; nel 1977 torna la democrazia; nel 1980 viene concessa al Paese Basco una larghissima autonomia gestita in gran parte del Pnv; nel 1982 val governo a Madrid la sinistra, con il socialista Felipe González.

 

Il pluralismo permette a partiti vicini all’Eta di partecipare alle elezioni ed avere eletti, ma l’Eta continua ostinatamente a far esplodere bombe, a taglieggiare e ad uccidere: in collegamento con altri gruppi armati come l’Ira o le Farc e l’Eln colombiani; e appoggiata da regimi come quello di Gheddafi. Contro l’Eta il governo socialista organizza coi suoi Servizi i Gruppi Antiterroristi di Liberazione, che combattono il terrorismo con altro terrorismo. Anche il famoso giudice Baltasar Garzón è in prima linea nella repressione che a un certo punto inizia a colpire i gruppi politici contigui all’Eta. L’11 marzo del 2004 all’Eta viene in un primo momento attribuita la responsabilità di quegli attentati al sistema di treni locali di Madrid che fanno 191 morti e 2057 feriti. Invece è stata al-Qaida, e alle elezioni di tre giorni dopo l’errore di attribuzione costa ai popolari la grave sconfitta che rende primo ministro il socialista José Luis Rodríguez Zapatero. Proprio con Zapatero, dal 2006 l’Eta entra comunque nella crisi ora sfociata in questo “disarmo”.