Un test missilistico di Arrow 3

Israele attacca Hezbollah in Siria e manda un messaggio a Mosca

Luca Gambardella

L'aviazione israeliana sconfina a Palmira e bombarda un convoglio di armi impiegando per la prima volta il sistema missilistico Arrow. Con buona pace di Putin

Roma. Venerdì l'aviazione militare israeliana ha ammesso di avere bombardato diversi obiettivi in Siria e di avere impiegato, per la prima volta, il suo nuovo sistema antimissilistico Arrow 3 per respingere un contrattacco siriano. E' raro che Israele renda note le sue azioni militari e gli sconfinamenti nello spazio aereo siriano, che tuttavia sono stati abbastanza frequenti dall'inizio della guerra a oggi. Stavolta Israele ha fatto un'eccezione e ha colto l'occasione per pubblicizzare l'impiego del sistema antimissilistico Arrow 3, sviluppato con la collaborazione degli Stati Uniti.

 

Secondo le informazioni diffuse dall'aviazione militare israeliana, dopo avere bombardato un convoglio di armi di Hezbollah nei pressi di Palmira, l'esercito siriano ha lanciato dei missili terra-aria, regolarmente intercettati e distrutti da Arrow. Sui social è stata condivisa molte volte una foto che mostra alcuni resti di un missile precipitati in Giordania (anche se non è chiaro se si tratti di un missile siriano o israeliano). Secondo l'aviazione di Gerusalemme, il missile è stato distrutto senza che abbia provocato alcun danno, anche se il governo siriano, che ha confermato l'incursione, dichiara di avere abbattuto un aereo nemico.

 

Il comunicato ufficiale diffuso dall'aviazione militare israeliana potrebbe segnare una escalation tra Siria e Israele, in particolare nei confronti di Hezbollah, il movimento armato sciita sostenuto da Iran e Russia che dal 2006 è in guerra contro Israele e che ora sostiene il presidente siriano Bashar el Assad contro i ribelli.

 

Solo 10 giorni fa il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva incontrato a Mosca il presidente russo Vladimir Putin, a dimostrazione di una relazione sempre più stretta tra i due paesi. Netanyahu e Putin si sono incontrati più volte nell'ultimo anno, proprio mentre la Russia si muoveva con sempre maggiore decisione in Siria in difesa di Assad. Israele in realtà resta pressoché indifferente al futuro del presidente siriano ma è allarmata dal rafforzamento dell'alleato che i russi hanno scelto nella loro campagna siriana: Hezbollah. Al di là dell'apprezzamento più rituale che sostanziale espresso da Netanyahu nei confronti dell'offensiva russa contro lo Stato islamico, l'incontro di Mosca era servito a Israele proprio per mettere in chiaro al Cremlino le sue preoccupazioni principali: la messa in sicurezza dei confini e il ridimensionamento dell'arsenale di Hezbollah. Nel primo caso, Netanyahu teme che miliziani vicini allo Stato islamico – come per esempio la Brigata dei martiri di Yarmuk – sconfinino dalla Siria in Israele; nel secondo, il primo ministro ha chiesto alla Russia che qualunque piano di pace futuro non permetta a Hezbollah di avvicinarsi troppo alle zone di confine e soprattutto ha espresso preoccupazione per il riarmo delle truppe sciite sostenuto proprio dalla Russia e dall'Iran. Una polemica che Putin ha ridimensionato: "Non giudichiamo l'Iran per quello che è successo nel V secolo a.C. Oggi viviamo in un mondo diverso", è stato il commento gelido del presidente russo in occasione della conferenza stampa congiunta con Netanyahu.

 

Anche per via della titubanza con cui Mosca affronta la questione, Israele ha deciso oggi di uscire allo scoperto e di rendere ufficiali le sue missioni aeree in Siria, dirette in particolare contro convogli o magazzini dove Hezbollah custodisce il proprio arsenale. Così, l'annuncio del raid aereo in Siria ha l'aria di essere un messaggio indirizzato a Mosca: anche se non volete ascoltarci, Israele sa difendersi da solo.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.