La sede dell'Unesco a Parigi (foto LaPresse)

Perché l'Italia si è astenuta all'Unesco. Parlano Cicchitto e Della Vedova

Eugenio Cau
“I diplomatici italiani responsabili di questo bel capolavoro avrebbero dovuto pensarci dieci volte prima di astenersi sulla risoluzione Unesco”. Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, è estremamente critico sulla decisione dell’Italia di astenersi durante il voto.

Roma. “I diplomatici italiani responsabili di questo bel capolavoro avrebbero dovuto pensarci dieci volte prima di astenersi sulla risoluzione Unesco”. Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, è estremamente critico sulla decisione dell’Italia di astenersi durante il voto per l’approvazione preliminare di una risoluzione dell’agenzia culturale onusiana che di fatto nega di fatto ogni rapporto tra ebraismo e il Monte del Tempio e il Muro del Pianto, gesto di tale gravità simbolica da spingere il governo israeliano a tagliare tutti i rapporti con l’Unesco. La risoluzione è stata approvata in via provvisoria con il voto favorevole di ventiquattro paesi membri del consiglio esecutivo dell’Unesco, in buona parte paesi arabi, e soltanto sei voti contrari. Ventisei paesi hanno invece deciso di astenersi, e tra questi c’è l’Italia. L’astensione italiana “è stata un errore grave, acuito dal fatto che i nostri principali partner, dagli Stati Uniti alla Germania al Regno Unito, hanno votato contro”, continua Cicchitto. L’Italia ha avuto “un atteggiamento alla Ponzio Pilato che contraddice quella che finora è stata la linea del governo, che ha tenuto i rapporti con il mondo arabo ma è sempre stato attento alle ragioni di Israele. Ricordiamo che uno dei discorsi più belli di Matteo Renzi è stato quello tenuto alla Knesset, il Parlamento israeliano. E’ probabile che il voto sia frutto di una manovra diplomatica, ma non c’è manovra che tenga davanti a una questione di principio di questa rilevanza”.

 

Delle asperità della diplomazia parla anche Benedetto Della Vedova, sottosegretario di stato al ministero degli Esteri, che ricorda come fosse proprio una proposta italiana quella di definire nella risoluzione Unesco il Monte del Tempio con il suo nome ebraico, e come l’astensione sia da considerare un atto più che altro di dissenso. “Storicamente, la posizione italiana è stata di ricerca di soluzioni di dialogo, ma casi come questo devono rafforzare la convinzione che Israele sia l’interlocutore di riferimento in quanto l’unico paese democratico e rispettoso dei diritti umani nell’intera regione. Questo principio deve essere difeso in un momento in cui si rinnova nelle sedi internazionali il protagonismo dei paesi arabi, che in troppi casi diventa assertività anti israeliana”. “Gli attacchi contro la comunità ebraica israeliana preoccupano molto”, continua Della Vedova, “e la difesa di Israele deve aumentare in maniera proporzionale all’aumento delle pressioni esterne”.

 

“Il voto presso l’Unesco ha generato una forzatura storica e dettata dalla faziosità politica dei paesi promotori vicini alla causa arabo palestinese, che non fa che complicare la situazione in un quadro delicatissimo”, dice Fabrizio Cicchitto. “Sarebbe un’idiozia anche fare il contrario, cioè dare assoluta preminenza ebraica ai luoghi sacri di Gerusalemme. Ma questo non avviene. Al contrario, questo e altri episodi sono sempre interessati da una preoccupante vena anti israeliana, anti ebraica e anti storica. Da tutti questi ‘anti’, la presunzione che temiamo fondata è che poi si sfoci facilmente nell’antisemitismo”.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.