Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker (foto LaPresse)

Quel che Juncker dirà al suo stato dell'Unione (nulla sulla Brexit)

David Carretta
La fiscalità delle multinazionali dovrebbe giocare un ruolo centrale, anche a costo di cedere alla tentazione del populismo istituzionale per rispondere a quello anti-establishment

Bruxelles. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, si prepara a  rilanciare l’Unione europea del dopo- Brexit. L’appuntamento è fissato per il 14 settembre quando, davanti all’Europarlamento, pronuncerà il suo secondo discorso sullo stato dell’Unione. Organizzare l’uscita del Regno Unito non è tra le sue priorità. Durante il seminario della Commissione che si è tenuto la scorsa settimana nella località balneare belga di Knokke per preparare le priorità dei prossimi dodici mesi i commissari non ne hanno discusso. Dal 1° ottobre il francese Michel Barnier diventerà formalmente il responsabile della Commissione per i negoziati con Londra, ma la sua task force rimarrà immobile fino a quando Theresa May non notificherà l’articolo 50 del trattato.

 

“Non tocca a noi parlare, ma a loro”, dice al Foglio una fonte ai piani alti dell’esecutivo comunitario. La Commissione si attende la notifica “nel primo semestre 2017”, ma le trattative entreranno nel vivo solo dopo le elezioni in Francia e Germania: Parigi e Berlino “non vogliono introdurre nel loro dibattito politico interno” il tema Brexit, spiega la fonte. Che fare fino a allora? Il 14 settembre Juncker ha intenzione di enunciare una serie di iniziative che permettano di “cementare la coesione dei 27 paesi” che resteranno nell’Ue e di “rovesciare la nozione secondo cui l’Europa va a letto con le multinazionali e le élite” per recuperare la fiducia dei cittadini.

 

L’elenco delle proposte che Juncker intende annunciare è lungo, ma la fiscalità delle multinazionali dovrebbe giocare un ruolo centrale, anche a costo di cedere alla tentazione del populismo istituzionale per rispondere al populismo anti-establishment. Dopo lo scandalo LuxLeaks, in cui è stato chiamato in causa per il suo ruolo di ex premier del Lussemburgo, Juncker ha subito una “conversione sulla via di Damasco”, spiega la fonte del Foglio. Il presidente della Commissione “ha chiesto a un socialista francese (Pierre Moscovici, ndr) di lavorare sul preventivo e a un cane da caccia danese (Margrethe Vestager) di mordere sul correttivo”. In autunno Moscovici rilancerà il tentativo di avviare l’armonizzazione fiscale con una nuova proposta sulla direttiva sulla “Base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società”.

 

Poco importa se le chance di ottenere l’accordo unanime dei governi sono quasi nulle: Juncker conta anche sull’antitrust. Dopo Apple, Vestager sta dando la caccia ad altri “casi emblematici” di multinazionali che avrebbero ottenuto benefici fiscali ingiusti: nei prossimi mesi potrebbero esserci “una decina” di decisioni analoghe, anticipa la fonte. La tentazione di cavalcare l’onda anticapitalista dell’opinione pubblica c’è anche sul commercio internazionale. Secondo Juncker, “bisogna mettere discretamente a letto il Ttip” in attesa di tempi migliori o almeno “dopo le elezioni in Germania”.

 

Per il resto l’agenda Juncker del dopo-Brexit ricalca l’agenda Juncker ante-Brexit. Sull’economia, ci si attende il prolungamento per almeno due anni del piano di investimenti che porta il suo nome per mobilitare complessivamente oltre 500 miliardi. Sull’immigrazione, il migration compact avrà un piano di investimenti da 60 miliardi per l’Africa. Sul digitale, le proposte di apertura sulla portabilità dei contenuti saranno affiancate da restrizioni sul copyright con l’obiettivo di far pagare Google e altri colossi americani. La “colla” tra i 27 governi dovrebbero fornirla iniziative su “difesa, sicurezza, frontiere esterne e lotta al terrorismo”. Secondo la fonte, Juncker immagina “un meccanismo di condivisione delle forze militari che si attivi in fretta per andare in Mali, Gabon o a Cipro in caso di riunificazione”. Ma la difesa è affare intergovernativo, su cui Juncker e la Commissione (Mogherini a parte) non hanno nulla da dire. Come sulla Brexit, del resto: in vacanza per oltre un mese, Juncker ha lasciato ad Angela Merkel il compito di mediare tra i leader gli scenari del dopo Brexit che saranno discussi al vertice di Bratislava del 16 settembre.

Di più su questi argomenti: