Blitz dei carri armati turchi in Siria: Jarablus strappata al Califfato (foto LaPresse)

Erdogan dice che attaccherà la capitale dell'Isis con l'aiuto degli americani. No comment da Washington

Redazione
Secondo il presidente turco, Obama avrebbe richiesto un'operazione congiunta per strappare Raqqa al Califfato. Intanto i primi rifugiati siriani rientrano a Jarablus.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha indicato ieri la possibilità di una collaborazione con gli Stati Uniti in un’operazione congiunta nel nord della Siria, nei territori controllati dallo Stato islamico, per prendere Raqqa, la capitale de facto del Califfato. L’intervento, che rappresenterebbe un’escalation importante nell’intervento dei due paesi Nato in Siria, non è stato confermato da Washington. Già in passato accordi militari tra i due paesi sono sfumati: anche se entrambi sono schierati contro lo Stato islamico e il presidente siriano Bashar al Assad, le priorità sono divergenti. Se per l’Amministrazione Obama l’obiettivo è sconfiggere lo Stato islamico, il presidente turco ha sinora dato più importanza alla rimozione di Assad e al contenimento delle milizie curde, che al contrario gli Stati Uniti considerano come il partner più efficiente sul terreno della lotta al jihadismo nell’area.

 

“Obama vuole operare congiuntamente su Raqqa”, ha dichiarato martedì Erdogan ai giornalisti che rientravano con lui dal G20 in Cina: “Riuniremo l’esercito per discuterne e faremo ciò che è necessario”. Le dichiarazioni del presidente turco arrivano dopo due settimane di intense manovre sul confine siriano, con l’operazione “Scudo dell’Eufrate” avviata il 24 agosto scorso, nella quale le Ankara – appoggiata dalla coalizione a guida statunitense - ha sia strappato al Califfato la città frontaliera di Jarablus, importante via di approvvigionamento, sia anticipato le milizie curde, impedendo loro di riunificare le due enclave che controllano ai confini con la Turchia.

 



 

Secondo fonti militari turche, i ribelli del Free Syrian Army, coperti dall’aviazione, dai tank e dall’artiglieria di Erdogan hanno liberato un’area di circa 600 chilometri quadrati, prima in mano allo Stato islamico e ai curdi, in un territorio che va da Jarablus al cantone di Kobane sino ad Azaz, formando una cintura di sicurezza di alcuni chilometri attorno al confine. Si è creata così quella situazione che Ankara attendeva da tempo: una safe zone nella Siria settentrionale dove spostare i rifugiati e dove l’opposizione siriana spera di trovare riparo dagli attacchi aerei lanciati dal governo di Damasco e dai suoi alleati russi. Ieri centinaia di rifugiati siriani, dei quasi tre milioni che hanno trovato asilo in Turchia, sono rientrati a Jarablus. La richiesta di Erdogan di stabilire una no-fly zone sulle aree appena riconquistate, è stata però scartata dalla Casa Bianca.