I primi soccorritori sul luogo dell'attentato di lunedì a Gerusalemme (foto LaPresse)

Dopo Bruxelles, terrore a Gerusalemme

Redazione
Il franchising del terrore islamista e il doppio standard europeo

A Gerusalemme sono tornate immagini tristemente familiari: un autobus in fiamme, sventrato da un’esplosione, i feriti riversi per strada, alcuni gravissimi. E’ successo a Talpiot, nella parte orientale della capitale di Israele, con un mezzo fatto saltare in aria da una bomba portata sull’autobus, stando alla polizia israeliana, forse dallo stesso terrorista suicida. L’attentato arriva dopo settimane di relativa calma, in cui la “Terza Intifada” sembrava entrata in sonno. Ma l’intelligence israeliana aveva avvertito: il terrorismo palestinese, di cui si deve ancora accertare il mandante per questo nuovo attentato a Gerusalemme, proverà a rialzare la testa e a colpire in occasione della Pasqua ebraica. Un mese dopo l’attentato all’aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles, viene colpito un autobus a Gerusalemme.

 

E’ lo stesso terrorismo islamista, ma l’Europa non lo considera tale, imputandone le cause alle politiche israeliane. Lunedì, dalla ben ordinata Svezia, è arrivata la notizia delle dimissioni di un ministro socialdemocratico, Mehmet Kaplan, che aveva paragonato lo stato ebraico al nazismo. Con Israele siamo sempre alle solite: le sue vittime hanno il sangue di un altro colore, le bombe contro gli ebrei non fanno rumore, la conta dei suoi morti e feriti non accende le redazioni dei giornali, almeno fino a quando Gerusalemme non risponde all’attacco e l’Europa ne condanna la “rappresaglia”. Questa falsa equivalenza morale è oggi uno strumento, forse il più sinuoso ed efficace, per demonizzare e combattere Israele. Forse persino più delle bombe. 

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