Migranti, nuovo sbarco nel porto di Salerno (foto LaPresse)

Sui migranti Juncker lancia un ballon d'essai rischioso per l'Italia

David Carretta
La Commissione europea ha deciso di rinviare di qualche mese la modifica del regime d’asilo europeo. Il giorno della “grande riforma di Dublino” si trasforma in una comunicazione attendista. Le conseguenze negative per Roma.

Bruxelles. Doveva essere il giorno della grande riforma di Dublino, il sistema di regole che se applicato alla lettera condannerebbe Grecia e Italia a diventare grandi campi di concentramento per migranti e rifugiati, e invece la Commissione europea ha deciso di rinviare di qualche mese la modifica del regime d’asilo europeo. “Abbiamo intenzione di presentare le nostro proposte prima dell’estate”, ha detto ieri il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, dopo aver illustrato “due opzioni” per modificare Dublino.

 

Ma la scelta di lanciare un “dibattito politico” con una semplice “comunicazione”, anziché formalizzare una proposta legislativa, equivale a un ballon d’essai: un pezzo di carta per testare la reazione dei governi, in un contesto di forti tensioni sulla crisi dei migranti. Di fronte al pericolo di una rivolta anti tedesca da parte della Francia e dei paesi dell’est contrari a accogliere i rifugiati, la Commissione è orientata a fare un passo indietro rispetto alle ambizioni originali. Le idee più innovative, come il trasferimento della responsabilità del trattamento delle domande d’asilo dal livello nazionale a quello Ue, “non sono realistiche in termini politici”, secondo Timmermans. La proposta estiva sarà quella che ha “la migliore chance di essere rapidamente adottata da stati membri e Parlamento”, ha detto il vicepresidente della Commissione. Nel frattempo, “dobbiamo applicare le regole attuali”. Dublino rimane in vigore con il rischio per l’Italia di trasformarsi in un grande campo di migranti stile Grecia.

 

La prima opzione — “Dublino plus”, l’ha definita Timmermans — prevede di lasciare tutto sostanzialmente com’è oggi: i paesi di primo approdo devono farsi carico dei richiedenti asilo, ma in caso di arrivo massiccio verrebbe attivato un sistema di quote di ripartizione tra stati membri, come accaduto nel 2015 con i fallimentari ricollocamenti da Italia e Grecia. La seconda opzione potrebbe portare a quella mezza rivoluzione invocata da Matteo Renzi e Angela Merkel: al loro ingresso, i rifugiati verrebbero ripartiti tra gli stati membri con un sistema di quote, cambiando “il criterio base di chi è responsabile per i richiedenti asilo”, ha spiegato Timmermans. Ma perfino l’opzione “Dublino plus” incontra forti resistenze. La Francia è contraria a un sistema di quote permanenti anche in caso di emergenza. Alcuni paesi dell’est hanno fatto ricorso alla Corte europea di giustizia contro i 160 mila ricollocamenti decisi lo scorso anno. Al 4 aprile, solo 1.111 richiedenti asilo sono trasferiti da Italia e Grecia verso altri stati membri. Il commissario all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ha dovuto ammettere che sui ricollocamenti “manca la volontà politica”.

 

Le conseguenze per l’Italia del ritorno alla piena applicazione di Dublino sono già visibili. Di fronte all’aumento degli sbarchi dalla Libia, gli altri governi si stanno attrezzando per impedire movimenti verso nord. L’Austria ha minacciato di mandare l’esercito al Brennero. Il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, vorrebbe “aiutare gli sforzi austriaci inviando manodopera”. Anche il ministro dell’Interno di Berlino, Thomas de Maizière, ha lanciato un avvertimento a Roma. “Ci auguriamo che l’Austria non debba mettere in pratica le misure” annunciate, ha spiegato de Maizière alla televisione austriaca. Ma solo se “i numeri in provenienza dall’Italia non sono troppo alti” e se “l’Italia rispetta i suoi obblighi”. Per de Maizière, sull’immigrazione “l’Italia non può dipendere dal Brennero che rimane sempre aperto”: Roma non può “come in passato limitarsi a spingere la gente a nord”.