Il presidente americano Barack Obama (foto LaPresse)

La dottrina Obama - last version

Redazione
Il presidente è un realista che scommette sulla propria inazione

Jeffrey Goldberg ha intervistato molte volte il presidente americano Obama sulla politica estera, in decine di conversazioni ha cercato di tratteggiare la dottrina Obama, ascoltando anche i collaboratori, i funzionari, i consiglieri. Ieri Goldberg ha pubblicato sull’Atlantic un ultimo ritratto della visione di politica estera del presidente americano, mettendo insieme l’idea che si è fatto in tanti anni di chiacchiere e frasi e considerazioni nuove.

 

Obama si definisce un realista, dice che la difesa dei diritti umani e dei popoli contro i dittatori è importante e va perseguita, ma arriva un momento in cui devi accettare il fatto che non tutto può essere risolto, che i compromessi vanno negoziati e alimentati, che cambiare il mondo non è possibile, non in otto anni, nemmeno se sei il presidente degli Stati Uniti. Parla molto di Siria, Obama, ed è chiaro che quel che appare come tentennamento imperdonabile è secondo lui il frutto di un calcolo preciso: l’Iraq ci ha insegnato che non è con le invasioni che risolvi i problemi, ci vuole cautela e ci vuole multilateralismo (anche se il rapporto con gli alleati è spesso faticoso e imbarazzante, non soltanto con gli autocrati, anche con i francesi, gli inglesi, i russi.

 

Obama però soffre soprattutto l’alleanza con i sauditi. Sono vostri amici, no?, gli ha chiesto il premier australiano Turnbull. E lui: “It’s complicated”). C’è chi pensa che il presidente sia uno che bluffa, come quando disse che il siriano Assad aveva superato la linea rossa dell’utilizzo delle armi chimiche e andava colpito, ma poi si rese conto che no, non l’avrebbe fatto, e sospese la missione. Un bluff? No, è uno che scommette, Obama. E pur avendo una visione del mondo blandamente ottimista, o almeno così dice, ha scommesso sul fatto che non tutto si possa risolvere e che il prezzo della non azione sia comunque più basso di quello dell’azione. Guardate la Libia, dice. Abbiamo fatto tutto per bene, Onu, coalizione internazionale e adesso è un caos (o uno “shit show” come lo definisce privatamente). La missione in Libia è stata un errore, vediamo cosa accade adesso in Siria e contro lo Stato islamico. Vediamo chi vince la scommessa, ma intanto non date troppo peso a quel che peso non ha: lo Stato islamico è una minaccia enorme, ma il cambiamento climatico, dice Obama, lo è molto di più.

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