Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (foto LaPresse)

Interventi, smentite e Renzi

Facciamo la guerra, ma tutti zitti. I contingenti in Libia (e un abbaglio)

Daniele Raineri
“I piani militari coordinati con gli altri sono pronti”, ci dicono fonti della Difesa. Il governo libico è in Marocco. Il Pentagono chiede più soldi, il dipartimento di stato crea un ufficio apposta anti califfato.

Roma. I ministri degli Esteri di Francia e Gran Bretagna smentiscono ogni notizia sull’invio in Libia di truppe da combattimento per fare la guerra contro lo Stato islamico. Ma giornali nazionali autorevoli danno notizie che vanno in senso opposto. Il 2 febbraio il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha detto che “un intervento militare in Libia è da escludere assolutamente”, ma al mattino il quotidiano Figaro aveva pubblicato un articolo che spiegava – di nuovo – come i francesi stanno pianificando l’intervento appena smentito contro lo Stato islamico. La Francia manderà l’aviazione (l’attività aerea sarà meno intensa rispetto a quella in Siria e Iraq, in Libia ci sono meno combattenti) e forze speciali, che agiranno embedded con i battaglioni libici più forti – per esempio quelli di Misurata – scrive il Figaro. I francesi dovranno mettere in sicurezza alcune istituzioni essenziali, come la Banca centrale e la Noc, l’agenzia di stato per il petrolio. Anche il ministro inglese Philip Hammond a Roma dice che non ci saranno truppe da combattimento in Libia, ma il Sunday Times a gennaio aveva scritto che almeno mille uomini si stanno già preparando a fare parte di un contingente internazionale a guida italiana che potrebbe contare seimila uomini. Ci saranno addestratori, certo, ma gli inglesi manderanno anche forze speciali per raid contro lo Stato islamico, anzi, ci sono già, a leggere due articoli del New York Times pubblicati a dicembre e gennaio. Di questo contingente il governo italiano non parla, a dispetto delle indiscrezioni filtrate. Fonti della Difesa dicono al Foglio: “I piani militari coordinati con le Forze degli altri paesi sono ormai pronti e chiusi”.

 

La riluttanza a svelare i piani prima del tempo fa parte del gioco politico, ma c’è da registrare uno scollamento poco credibile tra le dichiarazioni dei governi e le mosse militari. Domenica il Sunday Times ha scritto che una squadra militare inglese è volata in una base aerea libica non specificata, vicino Tobruk quindi nell’est del paese, per identificare gli obbiettivi dello Stato islamico che saranno colpiti dagli aerei della Raf. Assieme c’erano anche soldati americani e uomini dell’intelligence.

 

Chi dice che questi rumors fanno soltanto parte di una strategia mediatica per persuadere l’opinione pubblica europea che ormai un meccanismo ineluttabile si è messo in moto, deve ormai farsi sentire sopra il frastuono di operazioni militari che sono davvero in preparazione e di dichiarazioni che non possono essere fraintese, come quella del capo di stato maggiore americano, Jospeh Dunford: “E’ questione di settimane, non di mesi”. Ieri fonti da Sirte hanno detto ai media libici che ci sono voli di ricognizione sulla città e che gli uomini dello Stato islamico hanno diminuito la loro presenza nelle strade, in vista di possibili raid aerei.

 

L’impressione che ci sia una guerra negata – una guerra che è in potenza, imminente, soltanto con aerei e forze speciali, ma è pur sempre una guerra, e chissà quando il presidente del Consiglio, Renzi, imparerà a usare questa parola – si regge per ora su un’altra sospensione dell’incredulità, tutta politica, che riguarda il nuovo governo di accordo nazionale in Libia. L’esecutivo guidato dal primo ministro Fayez al Serraj ha lasciato la Tunisia e si è spostato in Marocco, quindi ancora più lontano dalla Libia. Venerdì scorso la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha parlato di campi d’addestramento per il nuovo esercito libico con istruttori tedeschi e italiani in Tunisia – che è di certo una scelta più sicura, ma che tradisce anche un senso di vulnerabilità. E’ stato ripetuto mille volte che l’intervento militare in Libia sarà autorizzato dal nuovo governo libico, per ora però non c’è nulla di solido.

 

[**Video_box_2**]La questione Libia pone i governi europei nella stessa situazione dell’Amministrazione Obama, che intensifica e di molto l’impegno militare su più fronti in giro per il mondo – anche in Libia  – ma tiene un profilo il più possibile basso. Soltanto nell’ultimo mese l’Amministrazione ha fatto una rivoluzione al dipartimento di stato, modificandone la struttura per meglio adattarlo alla lotta al terrorismo, ha ordinato un aumento di mezzi e uomini in Europa per fare deterrenza contro la Russia, ha modificato le regole d’ingaggio in Afghanistan e ha approvato la richiesta di un budget allargato da parte del Pentagono per reggere e intensificare le operazioni in corso contro lo Stato islamico.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)