Barack Obama (foto LaPresse)

Schiaffi all'America

Redazione
Bret Stephens mette in fila tutti i fallimenti del ritiro obamiano dal mondo e prevede un 2016 pericoloso

Roma. “Il 2016 per l’America sarà un anno vissuto pericolosamente. Barack Obama dedicherà il suo ultimo anno in carica a crearsi una legacy liberal, indipendentemente dai risultati nel mondo reale. I nemici dell’America vedranno quest’ultimo anno come un’opportunità per prendersi quello che possono finché possono. Gli alleati dell’America, o ex alleati, faranno quello che devono”. Il columnist del Wall Street Journal Bret Stephens ha pubblicato un articolo intitolato “L’anno vissuto pericolosamente dell’America”, in cui mette in fila alcuni pronostici per il 2016, l’ultimo anno della presidenza Obama, sul ruolo degli alleati e dei nemici dell’America e sulla fine della Pax Americana.

 

“Per gli aficionados delle delusioni politiche, deve essere stato divertente guardare Obama snocciolare la lista dei suoi risultati in politica estera alla conferenza stampa di fine anno lo scorso mese”, scrive Bret Stephens. “Il deal climatico di Parigi, il deal nucleare con l’Iran, l’accordo commerciale Trans-Pacific Partnership, l’apertura a Cuba: ‘Lavoro concreto, durevole’, ha detto il presidente, ‘che ripagherà gli americani in modi tangibili’”.

 

Tangibile significa che si può toccare, specifica Stephens, che però aggiunge: “L’accordo climatico di Parigi è volontario e non vincolante, il Tpp non è ancora ratificato e impopolare soprattutto tra i democratici, l’apertura a Cuba è ‘tangibile’ solo per chi fa le vacanze in uno stato dittatoriale. Per quanto riguarda l’accordo nucleare questo ha portato, prevedibilmente, a un altro ostaggio americano nelle mani di Teheran. L’Iran ha condotto due test con missili balistici dopo il deal, entrambi in violazione di una risoluzione legalmente vincolante del Consiglio di Sicurezza Onu. Quando l’Amministrazione ha sussurrato la sua intenzione di imporre piccole sanzioni in risposta, il presidente iraniano Hassan Rohani ha avvertito che le sanzioni avrebbero violato il deal e ha ordinato al ministro della Difesa di accelerare il programma missilistico”. Stephens ricorda come mercoledì scorso la Casa Bianca abbia notificato al Congresso le sanzioni alle 10 e 30 del mattino, e le abbia poi rimandate alle 11 e 12. “Le sanzioni non sono ancora state imposte. Quarantadue minuti sono un Guinness dei primati di autoumiliazione politica”. “Nella settimana della capitolazione sulle sanzioni la marina iraniana ha testato dei missili a 1,3 chilometri di distanza dalla portaerei Uss Truman. Riad ha decapitato un religioso sciita radicale e ha posto fine alle fantasie di John Kerry su un accordo diplomatico per la Siria interrompendo i contatti diplomatici con Teheran. La Cina ha fatto atterrare un aereo su un’isola artificiale costruita nel mar Cinese meridionale in un’area reclamata dal Vietnam. Tutte queste azioni sono espressioni di spregio per Obama. Lo spregio è il padre dell’assenza di leggi e il nonno della violenza”.

 

“Aspettatevi un anno ricco di incidenti simili o ancora peggiori. E’ il risultato inevitabile dell’abbandono deliberato da parte di Obama della Pax Americana come principio organizzatore delle relazioni internazionali. La Turchia, l’Egitto, l’Arabia Saudita e altri alleati faranno politica estera da sé senza che noi potremo mettere bocca, anche se le conseguenze ci riguarderanno. Mosca, Pechino e Teheran continueranno a prendere a martellate l’intonaco cedevole della risolutezza americana nel loro tentativo di ottenere il dominio regionale. Il deal nucleare diventerà lettera morta anche se Obama continuerà a cercare di rispettare la propria parte. La Cina continuerà a costruire isole, la Russia cercherà di umiliare la Nato. E ci saranno altri attacchi di massa come quello di Parigi”, ammonisce Stephens.

 

[**Video_box_2**]“L’America ha vissuto anni pericolosi in passato, come il 1960 e il 1980”, scrive Stephens, che ricorda però come il paese sia sempre riuscito a fare le scelte politiche giuste. Ci riuscirà anche nel 2016? “No, se uno dei due attuali frontrunner alle elezioni ottiene la presidenza”, risponde il columnist del Wall Street Journal. “No, se pensiamo che la misura principale della politica estera sia la dimensione della nostra impronta ecologica o l’altezza del muro con il Messico. No, se entrambi i partiti pendono verso il protezionismo economico e il quasi isolazionismo diventa il nuovo dogma. No, se pensiamo che voltare le spalle ai grandi sconvolgimenti in corso nel mondo (o bombardarli finché non scompaiono) sia il modo migliore per evitarli. Nel 1947 il democratico Harry Truman e il repubblicano Arthur Vandenberg hanno salvato l’occidente quando hanno deciso insieme che la prosperità interna dell’America sarebbe dipesa dalla sicurezza dei suoi alleati all’estero. Nel 2016 vedremo se questo saggio consenso resiste ancora”.

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