La polizia francese in azione a Saint-Denis (foto LaPresse)

Legalità internazionale, e partite!

Redazione
Parigi, l’articolo 42.7 dei Trattati, la guerra che non si vede ancora

Questo mondo non riconosce la strada della pace ma vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla”, ha detto ieri Papa Francesco. Di sicuro non ce l’aveva con l’Europa che la guerra dice di farla, mentre per ora ne fa ben poca. Al momento il nostro continente, sebbene nuovamente colpito dal terrorismo islamista – presente nei nostri confini, ma con basi logistiche e totem simbolici tra Siria e Iraq – rimane prostrato davanti al feticcio della legalità internazionale. Senza accordo delle Nazioni Unite e del suo Consiglio di sicurezza, non ci sarebbe intervento militare ammissibile. Si fondò su questa filastrocca l’attendismo addobbato da pacifismo ai tempi della guerra in Iraq condotta comunque da una Coalizione di Volenterosi; sulle stesse basi, da un anno e mezzo si è lasciato impeversare il Califfato proclamato da Abu Bakr al-Baghdadi. Senza il bollino Onu – si è ripetuto da più capitali occidentali – è illegittimo e ingiusto muovere guerra. Di recente è arrivato tutt’al più qualche missile dall’alto, in nome del “contenimento”.

 

Tale atteggiamento non manca di produrre paradossi: come quello per cui l’unico intervento oggi giuridicamente legittimo in Siria è quello russo. Inoltre in queste ore si sta svelando un bluff: la Francia ha fatto appello all’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona per chiedere la solidarietà dei paesi europei in caso di aggressione armata, e ha ottenuto il via libera dell’Ue e parole di solidarietà dai partner. Finora però, da parte di Germania, Italia e Spagna, di concreto è arrivato soltanto un amichevole “cari francesi, abbiamo sancito una copertura legale internazionale, ora partite!”. Dietro i cavilli legalistici che finora hanno impedito di rispondere con incomparabile violenza al Califfo, ci dev’essere dunque stato dell’altro.

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