Uno dei ristoranti del gruppo Union Square Hospitality Group

L'America mette in dubbio il dogma della mancia, nel nome del mercato

Un gruppo di ristoranti di New York elimina la “tip”

New York. Per la gioia del turista italiano, che delle mance è antagonista viscerale, i tredici ristoranti del gruppo Union Square Hospitality Group di New York entro la fine dell’anno elimineranno le gratuità per il personale. Niente più scontrini con lo spazio vuoto in fondo per scrivere a mano il totale, niente più calcoli sul 15 per cento del conto, niente più imbarazzi per i più sprovveduti che vengono rimproverati dai camerieri ai quali non lasciano nulla, o non abbastanza. Già altri ristoranti in giro per gli Stati Uniti hanno chiuso con l’ancestrale usanza delle mance, e Danny Meyer, amministratore delegato del gruppo, ha preso la decisione per una questione di competitività: per avere in cucina cuochi di alto livello devi offrire loro un salario competitivo, ma aderire al tradizionale sistema di mance impedisce in qualche modo ai datori di lavoro di alzare le tariffe fisse. Il salario minimo di un cameriere è 2,13 dollari l’ora, a patto che l’impiegato guadagni almeno 30 dollari di mance al mese. Il risultato, calcolato dal Wall Street Journal, è che il 15 per cento dei camerieri americani vive sotto la soglia di povertà. Questo senza considerare la guerra intestina fra la cucina e la sala dei ristoranti: chi lavora ai fornelli non ha fa parte del bacino di dipendenti che ha diritto a una quota del monte delle mance, e questa asimmetria ha creato un’inaccettabile disparità nell’America stiglitzianamente ossessionata dalle diseguaglianze economiche.

 

Meyer sostiene che nel nuovo modello, con prezzi aumentati e niente mance, potrà portare lo stipendio dei lavoratori in cucina sopra la soglia dei 15 dollari l’ora, mentre ora è attorno agli undici dollari. Con undici dollari l’ora non ci si accaparra di sicuro una grande promessa del food. Grande vittoria dei lavoratori sottopagati, si dirà, ma la “tip” è più di un modello di business che si getta alle ortiche quando non funziona più, è un’istituzione culturale, forse anche uno stile di vita. L’America è stata edificata sulla logica della mancia, che contiene l’idea della premiazione di chi fa il proprio lavoro con zelo e precisione. Il cameriere che si presenta per nome, che ricorda perfettamente gli ordini ultrapersonalizzati di tutti e sedici i componenti del tavolo senza chiedere “di chi era l’hamburger al sangue con la mostarda al miele e le cipolle invece dei sottaceti?” merita una ricompensa, e a ben vedere non c’è nulla di più americano di una gratificazione per il duro lavoro.

 

[**Video_box_2**]Certo, la mancia nei secoli – sì, nei secoli: è un istituto ancestrale – è passata da gesto libero, e quindi incentivo per i lavoratori a fare di più e meglio, a sovrattassa. Qualcuno sostiene addirittura che si tratta di un ricatto: sapere che il cameriere prende soltanto due dollari l’ora e per il resto fa affidamento sulle mance trasforma il cliente di manica stretta, o semplicemente insoddisfatto del servizio, in un aguzzino che vuole rubare il futuro a ragazzi volenterosi che magari a ventidue anni hanno già un mutuo sulle spalle. In passato, però, la mancia è stata anche un simbolo di sfruttamento, un’usanza che permette ai ricchi di umiliare i poveri facendo precipitare dollari e aspettandosi in cambio generosi scodinzolamenti. Fra il XIX e il XX secolo è comparso in America anche il fronte anti-mance, organizzazione per i diritti civili che ha fatto di tutto per rendere illegale la mancia nei dodici stati in cui era permessa. Il fronte allora ha perso, ma rischia di vincere con un secolo di ritardo grazie a gente come Meyer, che segue senza sentimentalismi le indicazioni del mercato.

Di più su questi argomenti: