Una foto pubblicitaria della quinta serie di Homeland

Autori di “Homeland” vivogliobbe'. Ora fatevi sistemare da Obama nella situation room

Paola Peduzzi
Gli autori di “Homeland”, la serie tv sulla Cia, sono i massimi esperti di politica estera del mondo. In poche battute riescono a spiegare ogni crisi, e lo fanno con una chiarezza tale che non si capisce perché Obama non li abbia ancora sistemati a tempo indeterminato nella situation room

Gli autori di “Homeland”, la serie tv sulla Cia, sono i massimi esperti di politica estera del mondo. In poche battute riescono a spiegare ogni crisi, e lo fanno con una chiarezza tale che non si capisce perché Obama non li abbia ancora sistemati a tempo indeterminato nella situation room. La prima puntata della stagione appena iniziata è un minisaggio sulla Siria. L’agente Quinn è convocato a Langley per spiegare che cosa ha fatto negli ultimi due anni a Raqqa e dintorni: “Il nostro approccio è rimasto uguale: gli strike americani preparano gli obiettivi per l’intervento delle forze speciali. Prima contro Assad, poi contro al Nusra, ora contro lo Stato islamico. Ho guidato un team di forze speciali in modo più o meno continuativo negli ultimi 28 mesi. Siamo stati molto occupati”. A fare cosa?, gli chiede uno degli interlocutori del tavolo cui sono seduti: nello script si chiama Crocker, come il famoso ambasciatore americano. “Che cosa cavolo sta succedendo là?”, insiste. “Il programma funziona – riprende Quinn – penso debba continuare”. Ma è interrotto di nuovo: “Assad è ancora al potere. Lo Stato islamico cresce. Stiamo andando da qualche parte in Siria?”. “Ho appena detto di sì”, dice Quinn. E Crocker: “Sto chiedendo se la nostra strategia sta funzionando”.

 

E Quinn parte, calmo e definitivo: “Quale strategia? Mi dica qual è la strategia, e le dirò se funziona. Questo è il problema. Perché loro ce l’hanno una strategia: si stanno riunendo a Raqqa a decine di migliaia, si nascondono tra i civili, puliscono le armi, e sanno benissimo perché sono lì. La chiamano la fine dei tempi. A cosa pensate che servano le decapitazioni? Le crocifissioni? La schiavitù? Pensate che si siano inventati questa merda? E’ tutto nel libro. L’unico libro che hanno mai letto. Lo leggono tutto il tempo, non si fermeranno mai. Sono là per un’unica ragione: morire per il Califfato e creare un mondo senza infedeli. Questa è la loro strategia, è così dal VII secolo. Pensate che poche forze speciali possano scalfirli?”. Che cosa farebbe lei allora, gli chiede Crocker. Quinn risponde: “Duecentomila soldati americani sul terreno ‘indefinitely’ per garantire sicurezza e sostegno a un eguale numero di dottori e maestri di scuola”. “Non succederà mai”, gli dice Crocker. “Allora è meglio che torni là”. “Che cos’altro può fare la differenza?”, chiede ancora Crocker. “Hit reset”, risponde Quinn: “Ridurre Raqqa a un parcheggio”. Il capo della Cia si alza, si chiude la giacca: prendiamoci venti minuti, va’.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi