Il leader di Podemos Pablo Iglesias (foto LaPresse)

Podemos è “invecchiato di dieci anni”. Guida alla crisi dei populisti spagnoli

Eugenio Cau
A due mesi dalle elezioni generali del 20 dicembre Pablo Iglesias rischia di fare la fine di un Grillo qualunque. Lui continua a guardare con preoccupazione i sondaggi che certificano la crisi del suo movimento. L’ultimo, pubblicato dall’istituto Metroscopia per il País, celebra la fine del tanto strombazzato quadripartitismo.

Roma. Pablo Iglesias rischia di fare la fine di un Grillo qualunque. Il giovane leader di Podemos, il partito della sinistra populista che fino a pochi mesi fa tutti acclamavano come nuova forza dominante alle elezioni di quest’anno in Spagna, continua a guardare con preoccupazione i sondaggi che certificano la crisi del suo movimento. L’ultimo, pubblicato dall’istituto Metroscopia per il País, celebra, dopo il funerale decisamente prematuro del bipartitismo spagnolo, anche la fine del tanto strombazzato quadripartitismo. Delle quattro forze che avrebbero dovuto plasmare il nuovo corso della politica spagnola (i due partiti tradizionali, popolare e socialista, più i nuovi arrivati Podemos e Ciudadanos) una già manca all’appello, ed è proprio il movimento di Iglesias, confinato al 14,1 per cento dei consensi, lontano quarto posto dal 21,5 per cento di Ciudadanos e dal 23,5 di popolari e socialisti. Se si pensa che fino a pochi mesi fa Podemos veleggiava intorno al 25 per cento, secondo o primo nei sondaggi, e che già i popolari del premier Mariano Rajoy indicavano Iglesias come il loro principale avversario, il crollo dei populisti è stato ancora più repentino della loro ascesa.

 

“Cento giorni al potere hanno fatto invecchiare Podemos di dieci anni”, dice al Foglio Jorge Del Palacio Martín, professore di Scienza politica all’Università Carlos III di Madrid e collaboratore della fondazione Faes, think tank vicino al Partito popolare. Del Palacio si riferisce alle elezioni locali della scorsa primavera, in cui il movimento di Iglesias, in coalizione con liste civiche e la sinistra estrema, ha conquistato le città di Madrid e Barcellona, ma l’esperienza di governo, più che un trampolino di lancio, ha impantanato il movimento. “Il suo successo si basava soprattutto sulla capacità di dare voce agli insoddisfatti”, dice Del Palacio, “ma le vittorie elettorali lo hanno trasformato in quello che criticava: ora la maggioranza degli spagnoli vede Podemos come parte della ‘casta’ (termine che non è esclusiva dei populisti nostrani, ndr)”. “Oggi Podemos è nelle istituzioni europee, nei governi regionali e municipali. Ma le aspettative di cambiamento non si sono compiute e sono perfino arrivati i primi casi di corruzione”. E’ la storia del grillismo in Italia: entra nei palazzi e si trasforma nella casta che aveva giurato di combattere. Ma c’è anche qualcosa di più, perché il crollo di Podemos passa da un fenomeno di istituzionalizzazione e centralizzazione iniziato prima che gran parte degli analisti se ne accorgesse.

 

[**Video_box_2**]“Dopo il successo alle elezioni europee del maggio 2014, Iglesias ha cercato di trasformare il movimento Podemos in un partito tradizionale. Nato come personaggio televisivo, ha deciso di ritirarsi dal piccolo schermo, ha gerarchizzato i ranghi del partito, dando luogo a grandi dispute interne, e ha cambiato il suo discorso politico, che da radicale si è moderato fino ad avvicinarsi a un programma socialdemocratico. L’obiettivo era il sorpasso sul partito socialista come principale forza di sinistra in Spagna”. Ma Podemos non è riuscito a scrollarsi di dosso l’etichetta di partito super estremista, e il grande riflusso del populismo europeo, iniziato con il fallimento del premier greco Alexis Tsipras nei negoziati con l’Europa, ha deluso gli oltranzisti: “Dopo il fallimento dell’alleato Tsipras nessuno crede più che Iglesias possa far fronte all’austerity e all’Europa come ha promesso”, dice Del Palacio. Meno rilevanti, nel racconto della crisi di Podemos, sono i numeri positivi dell’economia spagnola, i cui effetti ancora tardano a farsi sentire nella società (ma bisogna leggere l’intervista strepitosa sul Mundo di ieri al ministro delle Finanze Cristóbal Montoro, architetto delle politiche economiche del governo, per capire che Rajoy è sulla strada giusta).

 

Per Del Palacio, con le elezioni ormai vicine (20 dicembre) non c’è modo per Podemos di recuperare i cuori e i voti perduti. Ha perso il ruolo di kingmaker delle elezioni, ormai appaltato ai centristi di Ciudadanos, e la sua unica possibilità è fornire sostegno ai socialisti nel caso questi dovessero vincere. Sarebbe la normalizzazione definitiva, e la fine del sogno antisistema di Iglesias.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.