Il capo del contingente curdo dello Stato islamico, ucciso quest'anno durante l'assedio della città curda di Kobane in Siria

Perché si sospetta lo Stato islamico per la strage di Ankara

Daniele Raineri
Per ora non ci sono rivendicazioni, il gruppo estremista ha già colpito i curdi tre volte con attentati simili ma non così gravi.

Per ora nessuno ha rivendicato il doppio attentato che sabato ha ucciso, secondo fonti curde, 128 persone (i feriti sono oltre 500) durante un corteo per la pace nelle strade di Ankara. Si tratta della strage terroristica più grave mai avvenuta in Turchia e arriva in momento complicato: il primo giorno di novembre ci sarà una ripetizione delle elezioni di giugno (annullate), nel sud del paese ci sono scene da guerra civile per colpa dei combattimenti tra l’esercito e una parte della minoranza curda e a luglio il gruppo estremista Stato islamico ha dichiarato guerra al governo turco e l’aveva già dichiarata ai curdi. Lo Stato islamico può contare su centinaia di infiltrati nelle città più grandi del paese e proprio questo fatto ha costretto l’esecutivo di Recep Tayyip Erdogan a temporeggiare a lungo prima di schierarsi con la Coalizione internazionale che bombarda le posizioni degli estremisti in Siria e Iraq, entrambi paesi che condividono con la Turchia lunghi confini difficili da sorvegliare. Erdogan teme di subire rappresaglie dagli estremisti e al contempo è accusato di avere facilitato questa stato di cose negli anni passati.

 

Il corteo colpito con le bombe era una manifestazione di sinistra contro la guerra tra governo turco e i curdi e in queste ore stanno fioccando le accuse e le congetture. Si parla di “strategia della tensione” da parte del governo per scoraggiare i curdi dal votare – non c’è la minima prova, ma questa pista va citata perché il sentimento prevalente nelle strade ora è questo: “il governo c’entra qualcosa”. Nel 2013 un attentato non così grave ma quasi colpì Reyhanli, vicino al confine, e fu imputato ai servizi segreti siriani che appoggiano il presidente Bashar el Assad (tra il siriano e Erdogan c’è una inimicizia fortissima).

 

Questo è un pezzo scritto quando ancora non sono arrivati elementi di certezza a sciogliere i dubbi. Basandosi sui precedenti, si può sospettare lo Stato islamico. E’ il quarto attacco di questo tipo contro i curdi – sempre nello stesso modo: bombe durante un corteo. Gli estremisti islamici li considerano nemici mortali e hanno cominciato a colpirli con attentati in Iraq già nel 2003.

 

[**Video_box_2**]Anche gli attacchi precedenti in Turchia non sono stati rivendicati ma in due casi i colpevoli sono stati identificati e si trattava di due curdi che avevano passato del tempo in Siria con lo Stato islamico (che ha tra i suoi uomini anche curdi sunniti). Anzi, i due attentatori venivano dalla stessa area specifica e si ritiene che si conoscessero. Di solito il gruppo estremista dichiara i propri attentati, ma in questo contesto – quando colpisce i curdi in Turchia – potrebbe avere deciso di seguire una linea diversa per ottenere un effetto politico maggiore: l’ambiguità genera un caos maggiore e contribuisce ad aizzare le violenze tra governo e curdi, e lo Stato islamico è specializzato nel trarre vantaggio dalle situazioni di caos e di violenza politici.

 

Inoltre fonti del governo stanno parlando di due attentatori suicidi e questo potrebbe far pensare ancora di più a un attacco dello Stato islamico (anche se non in via definitiva, perché anche altri gruppi turchi, pure di estrema sinistra, usano questo tipo di attentati). Molti notano che gli stragisti sono andati a colpire la parte del corteo dove sventolavano le bandiere dei gruppi curdi più legati allo Ypg, che in Siria è il nemico più pericoloso dello Stato islamico e conduce da mesi una offensiva di terra che si sta avvicinando a Raqqa,  la capitale siriana degli estremisti di Abu Bakr al Baghdadi.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)