Lord Philip Chilcot, capo dell'della commissione britannica sulla guerra in Iraq (foto LaPresse)

L'infinita inchiesta britannica sull'Iraq e i pregiudizi contro Blair

Cristina Marconi
Il rapporto Chilcot sulla guerra è in eterna lavorazione, ma quello che trapela è una generica accusa “a tutti, e quindi a nessuno”

Londra. Clare Short l’ha definito “lungo come ‘Guerra e pace’”, ma brutto, molto brutto. Perché invece di focalizzarsi su un gruppo ristretto di persone, la bozza provvisoria del rapporto Chilcot sull’intervento britannico in Iraq nel 2003 allarga il cerchio dei responsabili a “tutti, e quindi a nessuno”. In particolare lo allarga a lei, che all’epoca era ministro per lo Sviluppo nel governo Blair e che secondo il passaggio che la riguarda non ha fatto abbastanza per pianificare la ricostruzione del paese. Creata con estrema riluttanza da Gordon Brown nel 2009 e messa in mano a un ex civil servant con una lunga esperienza di operazioni segrete, la commissione d’inchiesta guidata da Lord Philip Chilcot è diventata una tela di Penelope di cui non si vede la fine e che sta facendo innervosire un po’ tutti, dal premier David Cameron a un gruppo di parenti delle 179 vittime britanniche pronto ad azioni legali se non verrà annunciata una data di pubblicazione del testo. Fino all’opinione pubblica, che sulla vicenda irachena ha ancora i nervi scoperti e ha bisogno di chiudere con quello che considera uno dei capitoli più cupi della sua storia recente, indissolubilmente legato alla figura di Tony Blair.

 

L’obiettivo esplicito della commissione è quello di ricostruire i modi e trarre le lezioni del coinvolgimento britannico in Iraq tra il 2001 e il 2009 attraverso un lavoro “indipendente”, “imparziale” e “aperto” condotto da un gruppo di 5 persone – di cui uno, nel frattempo, è morto – anche grazie al fatto che gli interessati sono stati chiamati a deporre personalmente, il più possibile a porte aperte e non attraverso gli avvocati. Per giustificare i ritardi, Lord Chilcot, in un comunicato dai toni difensivi di qualche giorno fa, ha fatto presente che le testimonianze sono state 130, i documenti analizzati fino a ora 150.000 e che in molti casi è stato necessario attendere che del materiale fosse desecretato. Un esempio per tutti, le registrazioni delle telefonate tra Tony Blair e l’allora presidente americano George W. Bush, che Downing Street non voleva rendere note. Gli ultimissimi ritardi sono dovuti alla “maxwellizzazione”, procedura ispirata a una vicenda giudiziaria dell’editore Robert Maxwell, che nel 1969 fu definito “inadatto a guidare un’azienda” in un rapporto governativo, salvo poi fare una causa e vincerla con una sentenza del giudice che parlava di “assassinio industriale virtuale”. Da allora chi è coinvolto in un rapporto ufficiale ha 6 mesi per difendersi prima che il testo finale sia reso noto, ma questo ovviamente apre delle procedure parallele e lunghe, con il rischio che una maxwellizzata come Clare Short tragga conclusioni prima del tempo su quello che ha letto: il problema del rapporto, per lei, è che è talmente insulso che va riscritto.

 

[**Video_box_2**]“Non avremo una vera diagnosi e non sarà utile per capire cosa è andato storto nel nostro sistema”, ha commentato l’ex ministra laburista, una che nel 2003 definì Blair “incosciente” per la sua decisione di andare in Iraq senza un mandato chiaro delle Nazioni Unite, salvo poi votare la risoluzione ai Comuni e dimettersi due mesi dopo. Più si aspettano i risultati del rapporto – inizialmente si era parlato del 2011 – più la questione dell’Iraq assume nuovi significati e nuove proporzioni, soprattutto nel Labour, come dimostra il successo del candidato leader naïf Jeremy Corbyn, uno che ha promesso in caso di elezione di chiedere ufficialmente scusa a nome del partito – l’aveva già fatto Ed Miliband, ma la memoria è quella che è – e che sostiene che Blair dovrebbe essere giudicato da un tribunale nel caso la decisione di andare in guerra si rivelasse, a posteriori, illegale. Oltre alla Short e a molti altri, anche l’ispettore per le armi Hans Blix si è espresso, chiedendo che i risultati si conoscano il prima possibile. Chilcot si difende: se si vuole indipendenza, queste sono le condizioni. Se si vuole mettere alla gogna il solito sospetto, invece, bastava pochissimo.

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