Il presidente francese François Hollande durante la sua recente visita in Qatar (foto LaPresse)

Così "Hollande d'Arabia" e la gauche francese diventano i nuovi beniamini del Qatar

Mauro Zanon
I legami tra il capo dell'Eliseo e le monarchie sunnite si fanno sempre più stretti. Insieme a lui molti esponenti terzomondisti alla "Je suis Charlie". Ma a cui non interessano le relazioni ambigue tra i qatarioti e il terrorismo islamico.

Il Qatar ha un nuovo grande amico, fidato, sorridente, ossequioso e determinato a detronizzare Nicolas Sarkozy dallo scranno di uomo politico più apprezzato dall’emirato. È il suo successore all’Eliseo, François Hollande, che dalla due giorni di visite a Doha e Riad, per “rafforzare i rapporti di amicizia” con Qatar e Arabia Saudita, è tornato a casa con un bel tesoretto e una lista di partnership da concretizzare nel futuro prossimo. Il Qatar, ora, non è più infrequentabile come quando, invece, lo frequentava Sarko e ora è diventato per la gauche uno dei principali interlocutori in medio oriente assieme all’Arabia Saudita.

 

Lo è diventato soprattutto grazie all’intermediazione di Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese, partner privilegiato degli emiri e artefice, assieme al titolare della Difesa Jean-Yves Le Drian, delle recenti operazioni economiche che hanno irritato l’ultrasinistra e all’aile gauche del Partito socialista. È lo stesso Fabius che da Riad, martedì sera, ha annunciato che la Francia e l’Arabia Saudita stanno discutendo di “venti progetti economici” nel campo dei trasporti, della sanità, dell’energia solare e nucleare: un’operazione da più di venti miliardi di euro. Dopo l’ufficializzazione della vendita dei 24 caccia Rafale del gruppo Dassault al Qatar per un totale di sei miliardi di euro, Hollande è stato accolto a Riad come “invitato d’onore” per assistere al vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo, al quale partecipano i leader delle monarchie della regione. Nessun capo di Stato occidentale prima di Hollande aveva mai partecipato a una seduta del Consiglio, tra i più importanti e sensibili dal punto di vista strategico per le questioni mediorientali.

 

Chi l’avrebbe mai detto che il presidente che si presentò nel 2012 come “normal” e “nemico della finanza”, sarebbe riuscito a guadagnarsi il soprannome di “François d’Arabia”? La linea della fermezza al cospetto di Damasco e Teheran è apprezzata dalle monarchie sunnite del Golfo. Molto meno dalla stampa progressista parigina. “Hollande, l’amico normale dei padrini del jihadismo”, ha titolato il settimanale Obs, mettendo sotto accusa la troppa prossimità del presidente socialista con il Qatar e l’Arabia Saudita che con il terrorismo islamista hanno dei rapporti ambigui. “Tra Hollande e le monarchie sunnite si moltiplicheranno le amabilità e le parole zuccherate. Poche possibilità invece di sentirli parlare di diritti dell’uomo”, ha commentato velenoso il settimanale di sinistra.

 

[**Video_box_2**]Il sito di inchieste MondAfrique ha inoltre rivelato in questi giorni l’esistenza di un libro molto confidenziale, introvabile sugli scaffali delle librerie francesi, ma distribuito in maniera discreta dall’ambasciata qatariota a Parigi ai suoi amici e ai suoi simpatizzanti. Si intitola sobriamente “Qatar-France, une décennie de diplomatie culturelle 2003-2013” e la prefazione è a cura di Jack Lang, ministro della Cultura sotto François Mitterand, e dell’ambasciatore del Qatar e re dei salotti mondani parigini, Mohamed al Kuwari. All’interno della “Bibbia della connivenza tra Doha e Parigi”, come la soprannomina perfidamente MondAfrique, vengono recensite tutte quelle personalità che dal Qatar sono state insignite del premio “Doha capitale culturelle arabe” e ringraziate con uno chèque di diecimila euro per il loro lavoro e le belle parole spese nei riguardi dell’emirato. La crème dell’intellighenzia goscista c’è tutta. “Il Qatar? Un paese raffinato, aperto e creativo”, scrive Jack Lang trionfante ed evidentemente ispirato. Accanto a lui l’ex sindaco socialista di Parigi Bertrand Delanoë, Hubert Vedrine, già ministro degli Esteri sotto Lionel Jospin, e Plantu, il celebre vignettista del Monde e grande paladino della democrazia, sempre in prima fila nelle battaglie terzomondiste, nella difesa delle primavere arabe, nella salvaguardia delle libertà individuali, un “Je suis Charlie” all’ennesima potenza, ma a quanto pare un po’ smemorato sulla situazione nefasta della “liberté d’expression” e dei “diritti dell’uomo” in Qatar.