editoriali
Enzo Bianchi condannato all'esilio
La rovinosa caduta del fondatore di Bose per mano di un delegato papale
Il delegato pontificio, esaurita "la pazienza insegnata dal Vangelo", ordina all'ex priore di andarsene entro una settimana. In forza, anche, di un mandato della Santa Sede
La telenovela è finita: entro il 16 febbraio, Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, dovrà lasciare il suo eremo e trasferirsi in una canonica di Cellole, in provincia di Siena, in adempimento al decreto del delegato pontificio padre Amedeo Cencini, nominato tempo fa per cercare di rimettere ordine a Bose dopo l’avvicendamento dello stesso Bianchi con il nuovo priore Luciano Manicardi. Roma aveva aperto un’inchiesta, spedendo nel biellese una commissione incaricata di far luce sul caos là imperante: nonostante la rinuncia al priorato nel 2017, il fondatore aveva continuato a comandare col pugno di ferro, interferendo con l’opera del successore. Da qui la decisione del maggio scorso: via da Bose. Provvedimento che però rimase sulla carta, visto che a oggi – nove mesi dopo – Bianchi verga i suoi editoriali e le sue recensioni per i giornali con cui collabora dall’eremo piemontese.
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