Il Superbonus contro l'art. 81 della Costituzione: un crimine perfetto

Luciano Capone

Centinaia di miliardi di spese senza coperture, per la Corte dei Conti i bonus edilizi sono stati un vulnus al principio costituzionale dell'equilibrio di bilancio. Ma è una violazione contro cui nessuno può ricorrere e di cui nessuno è responsabile

 Il Superbonus è stato un economicidio: un crimine contro la finanza pubblica, ma anche contro la Costituzione. Su queste colonne lo scriviamo da qualche anno, ma alla stessa conclusione è giunto – con parole più misurate ma non meno nette – il procuratore generale della Corte dei Conti Pio Silvestri: “La mancata previsione di un limite o di un tetto di spesa nei vari provvedimenti normativi che hanno disciplinato o prorogato il Superbonus sin dal 2020 – come sarebbe stato necessario nel rispetto dell’art. 81 della Costituzione (corsivo della Corte, ndr) – abbia determinato un notevole impatto negativo sui saldi di finanza pubblica, che ha reso necessaria la revisione delle previsioni di spesa nel 2024 da 0,7 a 3,4 punti di pil”. 

Nel giudizio sul Rendiconto generale dello Stato, presentato dalla Corte dei conti lo scorso 26 giugno, un capitolo specifico è dedicato alla storia e agli effetti sul bilancio della stagione dei bonus edilizi, cominciata nel 2020 con il dl Rilancio del governo Conte II. La memoria del procuratore generale Silvestri e dei suoi colleghi è importante perché, per la prima volta, fornisce un quadro dettagliato del costo dei bonus edilizi. Il totale è di 229 miliardi dal 2020 al 2024. Suddivisi per tipo di intervento in 165,5 miliardi di Superbonus; 25,7 miliardi di Bonus facciate e 37,8 miliardi di altri bonus (ristrutturazione, eco e sisma). Quanto al profilo temporale 60,1 miliardi sono stati spesi nel 2020/21; 68,4 nel 2022; 90,7 nel 2023 e 9,7 nel 2024 (-90%, dopo che il ministro dell’Economia Giorgetti ha chiuso il Superbonus).

L’altra tabella interessante della memoria della Corte dei conti riguarda quanta parte di questa massa enorme di crediti d’imposta è andata in compensazione: 95 miliardi di euro. In pratica, mentre la stagione dei bonus è quasi finita, resta da pagare ancora oltre la metà del conto. Vuol dire che, ogni anno, man mano che i crediti vanno a scadenza, lo Stato perde entrate: 0,3 miliardi nel 2021; 6,3 miliardi nel 2022; 20,8 miliardi nel 2023; 42 miliardi nel 2024. Il 2025 pare destinato a essere l’anno record, dato che solo nei primi 5 mesi dell’anno si sono abbattuti sul debito pubblico 26 miliardi di euro di crediti. Di questo cumulo di debiti è stata pagata solo la metà del Superbonus (79 miliardi), il resto verrà saldato fino al 2027 (e proprio questa eredità è ciò che fa ancora crescere il debito pubblico, nonostante la riduzione del deficit). 

Questo è il problema economico, con cui il paese sta facendo i conti. Ma ne esiste un altro, mai affrontato da nessuno, che è di tipo giuridico-istituzionale: la violazione dell’art. 81 della Costituzione, quello sull’equilibrio di bilancio che al terzo comma sancisce che: “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”. Non è accaduto in questo caso, perché le relazioni tecniche dei provvedimenti sul Superbonus e i suoi fratelli, effettuate dal Mef e bollinate dalla Ragioneria generale dello stato (Rgs), stimavano un costo di circa 70 miliardi: il conto finale, invece, si è rivelato di oltre 150 miliardi superiore. Un buco di bilancio che è il più grande della storia italiana e d’Europa: una spesa non prevista dal governo e non autorizzata dal Parlamento, che è stata riconosciuta solo ex post dall’Istat. 

Com’è potuto accadere? Nessuno ha dato una risposta precisa, anche perché nessuno sembra interessato a chiederla. Basti pensare che sul tema esistono due indagini conoscitive – una in commissione Bilancio della Camera sui bonus edilizi e una in commissione Finanze del Senato sui crediti d’imposta – che hanno finito di lavorare ad aprile-maggio 2023 e, dopo due anni, non hanno prodotto alcun documento conclusivo. Non importa a nessuno. Eppure ci sarebbe da chiedere, e da spiegare, come mai Mef e Rgs abbiano sbagliato enormemente le stime e abbiano tolto tutte le precauzioni abitualmente usate per contenere la spesa dei crediti d’imposta automatici: tetto alla spesa, autorizzazione preventiva alla spesa, monitoraggio della spesa. E non è chiaro come è stato possibile togliere questi strumenti di controllo proprio per il credito d’imposta più pericoloso, dato che era pari al 110% (quindi senza alcun contrasto d’interessi) e consentiva la cessione del credito (quindi senza alcun vincolo di liquidità). Sono domande che il Parlamento non pone e a cui Mef e Rgs non rispondono.

Come dice ora anche la Corte dei Conti, il Superbonus è stato un’enorme e chiara violazione dell’art.81. Ma l’aspetto singolare è che si tratta di una violazione contro cui nessuno può ricorrere – su questo deficit istituzionale dovrebbero interrogarsi sia la Corte costituzionale sia il Presidente della Repubblica – e che non ha responsabili: il crimine perfetto.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali