Lo smart working, nato come misura d’emergenza, si è trasformato in benefit quasi irrinunciabile, diventando la condizione prima per accettare un impiego. E se il lavoro, così come lo conosciamo, fosse finito per sempre? Girotondo di opinioni
È tra le prime domande al colloquio di lavoro: prevedete lo smart working? Il candidato alza il sopracciglio, trattiene il respiro e spera. “Ancora prima della retribuzione mi chiedono se offriamo la possibilità di lavorare da casa. Soprattutto i più giovani, ancora prima di capire quale sarà lo stipendio”. Chi lo dice che il benessere deve passare da una busta paga? Marina Crespi, People and culture manager di Openjobmetis, una azienda che conta 800 dipendenti disseminati in tutta Italia, ha il suo personalissimo osservatorio nello studio dove riceve una media di dieci candidati a settimana, rosa varia ed eterogenea per età e provenienza. Qualcosa è cambiato se lo smart working, nato come misura d’emergenza, si è trasformato in benefit quasi irrinunciabile, diventando il quesito, la condizione prima per accettare un impiego. E se il lavoro, così come lo conosciamo, fosse finito per sempre?
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