Maurizio Landini (LaPresse)

Il debunking

Landini lancia la campagna referendaria della Cgil a colpi di dati falsi sulla “precarietà”

Luciano Capone

Qualche settimana fa il sindacato ha prodotto e pubblicizzato uno studio secondo cui in Italia ci sarebbero “11 milioni di precari”. Ma è un numero fantasioso e fuorviante

Maurizio Landini è già in campagna elettorale, non tanto quella per le prossime elezioni europee, ma quella per i quattro referendum sul lavoro (contro il Jobs Act) promossi dalla Cgil. Per lanciare la raccolta firme per proporre i quattro quesiti (due sui licenziamenti, uno sulle casuali nei contratti a termine, uno su appalti e infortuni), il segretario generale della Cgil ha indetto uno sciopero generale con la Uil per l’11 aprile ed è partito con un’intensa propaganda che ha al centro il contrasto alla “precarietà”. Ma si tratta di una propaganda piena di dati falsi o fuorvianti.

Qualche settimana fa la Cgil ha prodotto e pubblicizzato uno studio secondo cui in Italia ci sarebbero “11 milioni di precari”. Vorrebbe dire che  nel nostro paese, che ha 18,7 milioni di lavoratori dipendenti, il 60 per cento sono “precari”. Quota che sale  al 75 per cento se si escludono i 3,7 milioni di dipendenti pubblici. Dati fantasiosi. Nelle sue continue uscite, Landini fornisce un altro dato per descrivere il precariato dilagante: “Dei rapporti di lavoro attivati nel 2023 solo il 15 per cento è a tempo indeterminato, l’85 per cento è precario”. In effetti, i nuovi rapporti di lavoro attivati, secondo l’Inps, sono 1,35 milioni a tempo indeterminato su 8,2 milioni totali (16 per cento). Ma è ovvio che sia così: questo è il numero di contratti, non di lavoratori (un lavoratore può avere più contratti a termine nell’anno).

Il vero dato dell’Inps da considerare è la “variazione netta dei rapporti di lavoro”, cioè attivazioni e trasformazioni meno le cessazioni: il risultato è che nel 2023 su 523 mila rapporti in più, 396 mila sono a tempo indeterminato (75 per cento). Il dato dell’Inps, con le differenze dovute alle diverse metodologie, è coerente con quello dell’Istat secondo cui nel 2023 ci sono stati 456 mila occupati in più rispetto al 2022, di cui 418 mila permanenti. Sempre secondo l’Istat nel 2023 l’incidenza di dipendenti a termine è scesa dal 12,8 al 12,4 per cento, mentre è salita quella dei dipendenti permanenti. 

Insomma, nell’anno passato la “precarietà” si è ridotta: l’esatto opposto di ciò che predica Landini.
 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali