Via da Piazza Affari

Della Valle e Moratti lasciano la Borsa. Perché il ddl Capitali non basta a fermare la fuga

Mariarosaria Marchesano

"Serve è un’azione mirata a canalizzare capitali e investimenti sulle pmi che sono diventate la maggioranza numerica in Borsa", spiega Gugliemo Manetti, ad di banca Intermonte

Due grandi famiglie del capitalismo italiano, Della Valle e Moratti, si preparano a dire addio alla Borsa (nel secondo caso anche al business storico) confermando il declino del mercato azionario che il ddl Capitali del governo Meloni vorrebbe rianimare. Il rapporto tra la capitalizzazione e il pil del paese – secondo una ricerca Intermonte-Politecnico di Milano pubblicata ieri – è passato dal 48 per cento del 2007 al 39,4 per cento del 2023. Mentre il valore giornaliero degli scambi a Piazza Affari è crollato da 6,2 miliardi a 2,3 miliardi. “Purtroppo, temo che il ddl Capitali, pur contenendo molti elementi positivi, potrebbe non essere sufficiente – dice al Foglio Guglielmo Manetti, ad della banca d’affari Intermonte –. Quello che serve è un’azione mirata a canalizzare capitali e investimenti sulle pmi che sono diventate la maggioranza numerica in Borsa ma, ovviamente, non possono avere lo stesso peso delle grandi che lasciano”. Eppure, lo scopo del ddl capitali  è proprio quello di incoraggiare la partecipazione al mercato azionario  da parte degli investitori istituzionali, italiani ed esteri. Cosa c’è che non va? “Condivido la preoccupazione di Assogestioni quando dice che, per alcuni aspetti di governance, vengono introdotte regole lontane da quelle seguite da tutti gli  altri paesi. Questo potrebbe non aiutare a canalizzare nuovi investimenti verso le quotate italiane. Eppure, il ruolo dei fondi è fondamentale. Direi, che li potremmo considerare i guardiani del capitalismo familiare  perché svolgono un ruolo di monitoraggio nei confronti delle imprese partecipate spronandole a migliorare i propri risultati finanziari e non”.  

  
Oggi i fondi d’investimento italiani rappresentano il 10 per cento del totale degli investitori istituzionali delle società a maggiore capitalizzazione, ma raggiungono il 20-30 per cento delle medio-piccole. La loro presenza è  particolarmente importante per la crescita delle realtà di minori dimensione, che in genere hanno maggiori difficoltà di accesso al credito. Ma  cosa bisognerebbe fare per vivacizzare la Borsa? Intermonte e Politecnico sono d’accordo:  ampliare il numero e la tipologia di investitori domestici attivi, soprattutto sulle piccole e medie aziende, attraverso iniziative fiscali e legislative che stimolino la partecipazione dei fondi pensione nazionali, sulla scia di quanto avviene da tempo in altri paesi, con la Francia che sta giocando un ruolo di primo piano. E sarebbe auspicabile arrivare in tempi rapidi all’adozione del pacchetto di misure proposto dalla Commissione Ue (il “listing act”).


 Insomma, la morale della favola è che la Borsa continua a perdere pezzi e che l’uscita dei big non può essere facilmente sostituita con le pur numerose quotazioni di piccole realtà ogni anno. “Ci vuole uno sforzo straordinario – prosegue Manetti – per aiutare queste realtà a fare un salto dimensionale e allo stesso tempo per rendere il nostro mercato più attraente. La presenza stabile da molti anni dei fondi esteri, soprattutto quelli nord americani, ci dice che in Italia ci sono tante imprese attraenti e ben gestite. E’ un patrimonio da valorizzare”. Del resto, il nuovo tentativo di Tod’s di delistarsi, previo accordo che, questa volta, dovrebbe garantire il successo dell’operazione, rappresenta proprio un esempio di quanto talvolta possa essere rilevante il peso degli investitori istituzionali. Due anni fa, Diego Della Valle ci aveva provato senza successo poiché proprio una quota di fondi azionisti di minoranza di uno dei gruppi più rappresentativi della moda italiana si mise di traverso. Questione anche di prezzo: con 3 euro in più per azione rispetto all’offerta dell’agosto 2022 è molto più probabile che vi aderisca più del 90 per cento del capitale, come prevede la legge per far sì che il delisting possa avvenire. E se questo non dovesse bastare, Della Valle si dice pronto a fondere Tod’s con il veicolo del fondo L Catterton (orbita Lvmh)  pur di convincere la base dei piccoli soci a rendergli possibile l’uscita da piazza Affari, che è necessaria, assicura l’impresa marchigiana, per continuare a operare in un contesto di mercato più flessibile. Dalla reazione del titolo ieri (più 18,3 per cento), questa potrebbe essere la volta buona.  

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