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Ottimisti sempre

“Il liberalismo è radicalmente egualitario”. Parla l'economista e storica Deirdre McCloskey

Carlo Marsonet

Intervista all'autrice del saggio "La grande ricchezza. Come libertà e innovazione hanno reso il mondo un posto migliore"

Economista e storica, Deirdre McCloskey mostra da decenni come il mondo sia un posto migliore grazie a un mutamento culturale, in favore della libertà, intervenuto tra Sette e Ottocento. Al posto del termine “capitalismo”, impiega “innovismo” proprio per indicare la trasformazione radicale che ha visto svilupparsi idee favorevoli al commercio, allo scambio, all’innovazione. La diffusione di tali idee ha comportato il “Grande arricchimento” dell’età borghese (si veda la sua nota trilogia): un benessere diffuso fatto di cibo, vestiti e beni essenziali alla portata di tutti – senza tralasciare l’abbassamento dei costi di quelli che una volta erano lussi per pochissimi – ma anche di relativa pace. Nel 2021 la Luiss University Press ha tradotto, con postfazione di Paolo Silvestri, un volume che costituisce una sorta di sintesi di questa storia: “La grande ricchezza. Come libertà e innovazione hanno reso il mondo un posto migliore”. Grazie all’Istituto Bruno Leoni è ora disponibile anche la traduzione di un volume uscito nel 2019: “Il liberalismo funziona”. Ne parliamo con lei. Professoressa, nel libro parla di humane liberalism: può spiegarci cosa intende? “Il lato benevolo (humane: il riferimento è alla smithiana sympathy, ndt) è costituito dalla massima di Gesù di Nazareth: “Fa’ a gli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. In altre parole, aiuta chi si trova in difficoltà, tratta il prossimo con rispetto. Quello liberale, è riferibile al rabbino babilonese Hillel: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Lascia stare le mie cose, non usare coercizione sugli altri. Da solo, il primo principio implica un socialismo materno: ci rende eternamente fanciulli. Il secondo, invece, racchiude una cattiveria paterna: ci rende orfani. Insieme, si correggono a vicenda e possiamo parlare di liberalismo rettamente inteso. Un altro modo di porre la questione è che il liberalismo afferma il diritto di tutti a partecipare alla gara, nonostante il ruolo giocato dal caso e dalle differenze tra le persone”. 

 

Il liberalismo, contrariamente a quanto si pensa, mira all’uguaglianza – nella libertà, direbbe Tocqueville – delle persone in termini di pari dignità. Può commentare quest’aspetto? “E’ vero, il liberalismo è radicalmente egualitario. Fin dalle sue origini, in Scozia, ha attaccato gerarchie considerate come date: re, preti, e così via. Il poeta scozzese Robert Burns dichiarò: “L’uomo di mente indipendente guarda e ride di tutto ciò”. Il vero liberalismo permette a ognuno di perseguire il proprio interesse, nei limiti del rispetto altrui. Non persegue l’uguaglianza nei risultati: un disastro economico. Né l’uguaglianza di opportunità alla linea di partenza: impossibile da raggiungere.  Come si può compensare il fatto di essere nati in Sud Sudan? Lasciando che le persone prendano parte alla corsa, senza restrizioni statali, come il blocco dell’immigrazione”.

Le pagine sono pervase di un ottimismo contagioso, suffragato peraltro dalla realtà dei fatti. Eppure, i più tacciano il liberalismo delle peggiori nefandezze, considerandolo come la causa dei problemi, anziché la soluzione. Secondo lei perché questo? “Siamo tutti marxisti. E’ bello sospettare del profitto. Sicuramente tutto ciò che non va è dovuto all’‘avidità’. Non sono io avido quando cerco la migliore offerta per una gonna nuova. Sei avido tu se non me la vendi in perdita. Il liberalismo inventato nell’Europa nord-occidentale del Settecento ha causato un enorme miglioramento. Quanto enorme?  Il tremila per cento a persona.  Ho conosciuto l’Italia nel 1959: terzo mondo. Ora è al top. Non per merito del “governo ladro”. Bensì grazie agli italiani, che lavorano per innovare. Siate ottimisti!”.

 

Qualche anno fa, lo storico Alan Kahan pubblicò un libro, “La guerra degli intellettuali al capitalismo” (IBL Libri), in cui descriveva la storia della mentalità antiliberale della classe intellettuale. È possibile, secondo lei, sanare la frattura tra gli intellettuali e le idee liberali? “Non è facile, perché è molto divertente essere pessimisti e ancor più divertente è sospettare degli altri. Così ci si può sentire superiori: “Gli ottimisti che non pensano che il vicino che vuole scambiare con loro li stia imbrogliando sono degli sciocchi”.  Ciò che è falso in questo atteggiamento è che la stessa persona paga volentieri il suo bel cappuccino al mattino, e, analogamente, è perfettamente d’accordo con il fatto di dover comprare libri invece di rubarli.  A partire dal movimento romantico di due secoli fa, gli intellettuali vogliono pensare a se stessi come a una nuova classe al di sopra della mischia. La maggior parte di loro è borghese di origine, così come quando sul mercato compra e vende. Liberatevi dei vostri pregiudizi antiliberali!”. 

 

Sulla scia dell’ottimismo di McCloskey, viene da citare un pensiero dello storico inglese Thomas B. Macaulay: “Su quale principio avviene che, quando non vediamo che miglioramenti dietro di noi, ci aspettiamo solo decadenza davanti a noi?”.

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