Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - foto Ansa

lo scenario

Per l'Italia il 2024 sarà l'anno del rigore fiscale

Mariarosaria Marchesano

La gestione della crisi debitoria degli stati è uno dei temi che dominerà lo scenario dei mercati: ma l’Italia, per adesso, non preoccupa. Parlano Trezzi e Rosa

“Il 2024 sarà un anno di rigore fiscale per l’Italia perché dovrà recuperare mezzo punto di avanzo primario, così come nei successivi sei anni. È quello che prevede il nuovo Patto di stabilità europeo sottoscritto dal governo Meloni e che rappresenta la vera ragione per cui i mercati finanziari in questo momento sono  tranquilli”. Riccardo Trezzi, economista con esperienze alla Fed e alla Bce e consulente di fondi di investimento internazionali, è convinto che l’impegno assunto da Palazzo Chigi con Bruxelles sulla tenuta dei conti pubblici rappresenti in questa fase una sorta di polizza assicurativa contro i rischi di turbolenze provenienti dal mondo degli investitori. La gestione della crisi debitoria degli stati, con il ritorno del patto di stabilità in Europa, è uno dei temi che dominerà lo scenario dei mercati nel 2024 insieme con le tensioni geopolitiche, le tornate elettorali negli Stati Uniti e in Europa e le attese sui tagli dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali. Ma l’Italia, per adesso, non preoccupa.

“Il nostro paese ha un debito pubblico arrivato al 140 per cento del pil e deve dimostrare che è sostenibile; sottoscrivendo il nuovo patto con Bruxelles ha dato un chiaro segnale di essere pronta a lavorare in questo senso. Certo, ha una crescita economica bassa, che il prossimo anno si assesterà sotto l’1 per cento, ma non è neanche un paese in recessione economica ed ha un mercato del lavoro straordinariamente vivace, nonostante tutto. L’unica vera incertezza è rappresentata dal Mes, ma solo uno choc finanziario o una crisi bancaria, che al momento non è all’orizzonte, potrebbe destare serie preoccupazioni”. Con le nuove regole sui conti pubblici, che entreranno in vigore dal primo gennaio dopo il lungo periodo di sospensione dovuto alla pandemia, l’Italia dovrà, infatti, recuperare circa quattro punti di avanzo primario in sette anni, il che implica una politica fiscale rigorosa. “Per i primi tre anni, però, ci sarà l’austerità con lo sconto – osserva l’economista Brunello Rosa (Rosa&Roubini, London School of economics) – il nuovo patto prevede un periodo di flessibilità fino al 2027 che, presumibilmente, è anche l’anno in cui l’attuale legislatura avrà termine”. Per flessibilità si intende la possibilità di scorporare dal deficit strutturale dello stato il computo degli interessi sul debito stesso. In questo modo, la patata bollente finirà nelle mani del successivo governo, non è così? “È così – prosegue Rosa – Intanto, prevedo che l’Italia viaggerà tranquilla nella prima parte del nuovo anno ma potrebbe tornare sotto i riflettori dei mercati a giugno 2024, quando si terranno le elezioni del Parlamento europeo e la campagna elettorale potrebbe assumere toni troppo aggressivi e lasciare intravedere un’affermazione delle forze populiste, che vuol dire anche spesa pubblica fuori controllo”.

Insomma, i conti si faranno tra sei mesi o anche prima visto che la campagna elettorale è, in sostanza, già cominciata. “Ne è un esempio tutta la questione della mancata ratifica del Mes che, però, - dice l’economista – non preoccupa più di tanto i mercati, i quali contano sul fatto che al primo segnale di pericolo per la stabilità del sistema bancario il governo Meloni potrebbe riconsiderare la sua posizione”. Alla fine, è come se l’Italia fosse entrata in una fase di limbo, con segnali contrastanti, come la discesa repentina dell’inflazione, che nei prossimi tre anni è prevista addirittura sotto il 2 per cento, cioè più bassa della media europea. “L’Italia – conclude Rosa – crescerà al massimo dello 0,7-0,8 per cento il prossimo anno, meno della media zona euro e non è un caso che l’inflazione sia così bassa: è un chiaro segnale di rallentamento economico, che francamente non si giustifica per un paese che ha incassato la quarta rata del Pnrr”. E questo apre un’altra questione che sarà dibattuta nel 2024: perché non si vede ancora l’impatto del piano europeo sul pil del paese? 

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