(foto Ansa)

il modello

Meloni può ancora ratificare il Mes, seguendo la via tedesca

Luciano Capone

Monti suggerisce alla premier di votare il trattato, aggiungendo una postilla che coinvolga Parlamento prima dell'attivazione. Il governo potrebbe fare anche di più: copiare la Germania, che ha imposto una riserva del Bundestag. Ma difficilmente Meloni riaprirà il capitolo

Il senatore Mario Monti, dal giorno dell’insediamento di Giorgia Meloni, ha avuto un atteggiamento propositivo nei confronti del governo. Il Professore, data la sua autorevolezza ed esperienza al vertice delle istituzioni europee e italiane, da un po’ di tempo dispensa incoraggiamenti e suggerimenti per rendere più efficace, nell’interesse del paese (o della Nazione), il lavoro della premier in Europa. Al momento i consigli non richiesti non sono stati neppure seguiti dal governo. 

 

Monti nelle settimane scorse aveva invitato Meloni da un lato a ratificare la riforma del Mes, che è migliorativa del trattato vigente, e dall’altro a opporre strenua resistenza, fino all’uso del veto, nei confronti della riforma del Patto di stabilità, che è ritenuta peggiorativa delle regole fiscali attuali. Meloni ha ascoltato con attenzione il Professore e poi ha fatto l’esatto contrario: prima ha sottoscritto il nuovo Patto di stabilità e il giorno successivo ha fatto respingere la ratifica del Mes. Ma Monti non demorde.

 

Così, evidenziando come la scelta sul Mes abbia danneggiato la credibilità del paese e indebolito la posizione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ai tavoli europei, offre alla premier una via di fuga. Il governo e Meloni possono “uscire dall’angolo in cui si sono cacciati, ridando un minimo di onore alla nostra Nazione”, scrive l’ex presidente del Consiglio sul Corriere della Sera. E come? Il governo dovrebbe presentare un suo disegno di legge per la ratifica del Mes, aggiungendo però una postilla che vada incontro alle preoccupazioni – più o meno capziose – espresse dai partiti della maggioranza e dalla commissione Bilancio sulla mancanza del coinvolgimento del Parlamento nelle scelte importanti di un organismo intergovernativo come il Mes, anche nell’eventualità di richieste di ulteriori versamenti del capitale sottoscritto. Basterebbe che nella proposta di legge di ratifica, dice Monti fornendo un suggerimento già espresso a giugno e puntualmente ignorato, ci fosse esplicitamente scritto: “Il governo si impegna a non richiedere l’attivazione del Mes, senza specifica autorizzazione del Parlamento”.

 

In realtà, il governo potrebbe ulteriormente rafforzare questa narrazione “sovranista”, ovvero di un maggiore controllo nazionale e parlamentare sul Mes, mutuando un modello che già esiste in Europa. Quello della tanto disprezzata Germania. Come si ricorderà, la nascita del Mes nel 2012 fu alquanto travagliata e per entrare in vigore dovette attendere, come accaduto anche in altre circostanze, che per ottenere la ratifica della Germania si esprimesse la Corte costituzionale tedesca dopo un ricorso di alcuni cittadini. La Corte di Karlsruhe diede il via libera, ma fissando alcuni paletti sul ruolo del Bundestag per rendere conforme il Mes alla Costituzione federale. E così, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale, a settembre 2012 il Bundestag approvò una legge (Esm-Finanzierungsgesetz EsmFinG) che esplicita il ruolo del Bundestag e delle sue commissioni nel funzionamento del Mes.

 

In sostanza, c’è una riserva del Parlamento per tutte le decisioni di bilancio: il Bundestag deve esprimersi, anche riunendosi d’urgenza, ogni volta che il Mes prende decisioni con rilevanti ricadute finanziarie. E, per giunta, i rappresentanti del governo tedesco al Mes non possono invocare l’obbligo di riservatezza previsto dal trattato in risposta a richieste di informazioni del Bundestag, inoltre le azioni del rappresentante del governo tedesco al Mes sono vincolate dalle decisioni del Parlamento. Più che un articolo generico nella legge di ratifica o un ordine del giorno, come suggerisce Monti, il governo Meloni potrebbe affiancare alla ratifica una legge nazionale che regoli il funzionamento del Mes sul modello della Germania. Formalmente nulla lo impedisce. Dato che il Parlamento ha bocciato una legge di ratifica presentata dalle opposizioni e una proposta del governo sarebbe differente, in quanto affiancata da una legge di interpretazione e di attuazione del trattato del Mes.

 

Naturalmente, in questa assurda vicenda in cui i fatti non hanno mai contato nulla, gli impedimenti non sono formali, ma politici. Meloni dovrebbe fare un grande investimento politico per convincere i partiti di maggioranza a tornare sui suoi passi, senza far apparire questa manovra come un’incoerente retromarcia. Oggettivamente, non ci sono le condizioni politiche prima delle elezioni europee. Ma è anche altamente improbabile che accada dopo. Difficilmente Meloni, nonostante il patriottico sforzo del senatore Monti per recuperare l’onore perduto della Nazione, si farà convince a riaprire un brutto e complicato capitolo ritenuto ormai chiuso.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali