(foto Ansa)

lo squilibrio

L'Ocse: il reddito degli over 65 è superiore a quello della media degli attivi. Appunti per il Mef

Giuseppe De Filippi

Il report pubblicato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ci dice molto delle zavorre del sistema pensionistico italiano

Molti useranno un tono scandalizzato per rilevare come l’Ocse indichi un’età intorno ai 70 anni per il pensionamento di chi comincia ora a lavorare. Visto con gli occhi di oggi sembra uno scenario punitivo, un dispetto. Ma, per quanto sia pesante e non auspicabile una permanenza in attività eccessivamente lunga, non è quello il dato peggiore emerso dall’analisi periodica degli economisti Ocse. Quell’età, oggettivamente piuttosto avanzata, deriva da equilibri attuariali e previdenziali. E, in uno scenario interamente contributivo, va presa come un fatto. Sgradevole ma indiscutibile. Altri problemi e altre zavorre del nostro sistema pensionistico purtroppo colpiscono oggi e non in quel lontano futuro, ma non sollevano indignazione a sufficienza né suscitano interventi correttivi (come invece è sempre avvenuto, anche con un recentissimo emendamento governativo, per l’età di pensionamento corrente e ancor più per quella degli ultimi anni).

 

Nel rapporto è scritto in modo didascalico che “l’aliquota media di contribuzione effettiva nei paesi Ocse è pari al 18,2 per cento del livello salariale medio nel 2022, mentre quella italiana, che è la quota obbligatoria più alta, è del 33 per cento”. Da ciò derivano problemi qui e ora, non si tratta solo di un’ingiustizia spostata nel tempo. “I paesi con tassi di contribuzione più elevati – scrive ancora l’Ocse – spesso lo hanno fatto per prestazioni pensionistiche superiori alla media (come nel caso di Francia e Italia)”.

Insomma, l’ingiustizia è adesso e riguarda il rapporto tra pensionati in essere e lavoratori attivi. A controprova c’è il calcolo davvero impressionante con cui l’Ocse mostra come in Italia il reddito degli over 65 sia superiore a quello della media degli attivi. Stortura odiosa e acclarata  che è anche una mina per tutta l’economia e specificamente per i conti pubblici, su cui grava un 16,2 per cento di costo generale della previdenza. Ma ne va del benessere di tutti, delle prospettive di crescita e di lavoro. Perché l’Ocse indica come un livello più elevato di aliquote contributive “potrebbe danneggiare la competitività dell’intera economia e causare una riduzione dell’occupazione totale”.

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