Ansa

Il ritratto

Chi è  Gozzi, imprenditore forte corteggiato per Confindustria

Giuseppe De Filippi

Acciaio, politica, calcio e libertà. Ritratto del n°1 di Federacciai. Quel pressing per  la corsa alla guida di Viale dell’Astronomia

Antonio Gozzi lo potete facilmente incontrare camminando per Chiavari, in qualche negozio, in giro per la cittadina, mai lasciata, neppure guidando un grande gruppo multinazionale, oppure allo stadio a tifare per l’Entella, di cui è il presidente della miracolosa risalita dall’Eccellenza alla serie B (ora c’è stato un arretramento ma l’epopea della vertiginosa salita resta intatta). Le radici nel Levante ligure, che pure non sono antiche, non sono ostentate per maniera o per afflato di popolarismo. Sono qualcosa di costitutivo per l’attuale presidente di Federacciai, che molti imprenditori vorrebbero in corsa per la guida di Confindustria, arrivato al controllo di un’azienda solidissima, presente non solo nella siderurgia partendo per strade completamente diverse. 

Chi ama il contatto con le persone, il dialogo, l’immersione nel contesto sociale, se non vuol fare il prete o simili, fa il politico. E Gozzi è partito proprio da un partito, il Psi, nella fase in cui c’era già qualche lontano sentore del rischio di declino della rappresentanza organizzata, nella seconda metà degli anni Ottanta. Fa politica locale con successo, fino a diventare segretario del Psi ligure. Due decenni prima sarebbe stato già un punto di arrivo per una vita pubblica, una posizione di un certo peso da cui ottenere certamente incarichi e risultati. Ma era solo un pezzetto, anche se caratterizzante, della sua storia. Sempre scartando l’ipotesi della prelatura, a chi ha vocazione per la diffusione del sapere e della dottrina resta la possibilità dell’insegnamento. Altra strada percorsa da Gozzi, e ancora con un certo successo, con una breve carriera da professore associato all’Università di Genova (e poi qualche corso anche altrove) in materie economiche e aziendali. Da lì la chiamata da uno zio che aveva lasciato la posizione di dirigente in uno dei grandi gruppi industriali pubblici dell’epoca e aveva fondato, con un gruppetto di colleghi, uno studio di brokeraggio nel settore siderurgico. Le cose andavano bene e si dovette provvedere anche ad avviare qualche forma di produzione in proprio e da lì nasce l’idea di coinvolgere il giovane politico/professore, da convertire finalmente, con ligure concretezza, ad attività più pratiche e produttive. 
Lui si butta, a nome di tutta la famiglia, spinge per la crescita aziendale nella lavorazione dell’acciaio e poi in varie altre direzioni. Supera (ora ci ride ma un arresto è un arresto) una stramba indagine della magistratura belga nata da personaggi ancora più strambi, tra cui spiccava, come motore di tutta la faccenda, una finta principessa ma vera bellissima donna capace di smuovere soldi e potere. Gozzi viene arrestato per 48 ore assieme a un altro manager del gruppo, chiamati in causa entrambi in modo del tutto infondato, per una vicenda che partiva dalle attività di un ex ministro dell’economia della Vallonia per arrivare a un ex premier congolese. Tra i due sarebbe avvenuto un giro di mazzette per l’apertura di casinò. Nulla di fatto dalle indagini che riguardarono gli italiani, tirati in mezzo tanto per fare confusione e poi assolti con formula super piena, ma una certa eco ovviamente c’è stata, anche se ora quell’episodio andrebbe forse riletto pensando a un altro recente exploit dei magistrati belgi, quello sul Qatargate con cui il Parlamento europeo è stato travolto senza essere in grado di darsi difese garantiste.

Passata quella buriana Gozzi prosegue la sua crescita tra i protagonisti dell’economia produttiva italiana. Ligure, dicevamo, ma di seconda generazione, perché i suoi nonni erano bresciani (un po’ di siderurgia era nelle origini). Ha raccontato recentemente Gozzi in uno degli incontri per un anniversario dell’azienda di famiglia, la Duferco, che fu la nonna, abbandonata dal marito, a prendere in mano la situazione familiare e, ottenuta una patente specifica, a cominciare a girare per l’Italia in camion in cerca di rottami ferrosi per uso industriale. La nonna rimasta sola e fattasi camionista e commerciante di rottame, che poi sceglie di fermarsi in Liguria dopo aver guadagnato abbastanza soldi per poter avviare un’attività, supera, come racconto esemplare, i recentissimi apologhi fantasiosi sulla femminilità repressa dal patriarcato violento, e ha il pregio della verità contro l’invenzione.

Di Gozzi dicevamo che lo potete incontrare per le strade di Chiavari, anche ora che il suo gruppo fattura miliardi, e lui un po’ ci tiene a rimarcare questa assenza di distanza. Senza snobismi al rovescio, ma con una grande libertà dai tentativi di condizionamento e dalle sirene dello status sociale. Si direbbe che non gliene importi nulla, che è immune dai passi falsi dello snobismo. Una certa spavalderia la copre con rimandi a una storia minore, popolare, fatta di fatica e di tenacia. Sempre in quell’ultima celebrazione della fondazione dell’azienda ha scelto come titolo una specie di celebrazione dello spirito ligure e l’ha intitolata “Mercanti, soldati, pionieri”. E ha scritto che il tratto essenziale è quello del pionierismo, “perché non siamo nati ricchi e famosi ma, al contrario, da famiglie comuni di artigiani, commercianti e professionisti e proprio per questo desiderosi di cimentarsi in nuove attività più grandi e importanti, in qualche modo sconosciute ai più all’epoca della nascita. Parlare di trading internazionale nell’Italia di 40 anni fa era davvero pionieristico”. 

Il gruppo produce e vende acciaio, ma, sempre partendo dall’esperienza del trading e poi dell’autoproduzione, è diventato anche un polo importante per l’energia. E recentemente, sempre muovendosi su terreni conosciuti attraverso le esperienze dirette dell’attività primaria, è entrato in Ital Brokers come primo azionista del principale operatore italiano nel brokeraggio assicurativo. Legato al territorio ha portato su, come si diceva prima, la Virtus Entella, costringendo i tifosi italiani a studiare un po’ per sapere che era la squadra della piccola Chiavari. E ha creato, con l’aiuto dei due figli (cui è legatissimo e tra i quali si rileva un’ottima armonia), un incubatore di start up per business sportivi. La presidenza di Federacciai è andata e venuta, e chissà che non arrivino altre cariche, portandolo a posizioni forti verso il governo (i governi) e gli altri protagonisti dell’eterna vicenda dell’ex Ilva. 

E’ di pochi giorni fa la diagnosi da medico non pietoso ma realista dello stato di Acciaierie italiane, definita “ai limiti dell’insolvenza”, e di cui ha chiesto allo stato di prendere il controllo. Nessuna fisima di industriale che vuol dettare la linea ai politici, perché chi ha fatto politica certi errori di sintassi non li fa, ma, si direbbe, un riconoscimento del ruolo, estremo, dello stato. “Il socio privato – aveva detto poco più di un mese fa, riferendosi agli indiani di Mittal – non sta facendo la sua parte, deve decider cosa fare, altrimenti si rischia di andare sugli scogli”. Un po’ di prudenza e di coraggio insieme, da buon navigante, diventato ligure perché ce l’ha portato un camion e perché bisogna pur avere delle strade in cui camminare, chiacchierare, stare tra le altre persone. E chissà se nei prossimi giorni il pressing di alcuni grandi imprenditori italiani, su Gozzi, si tradurrà davvero in quello che in molti nel mondo industriale sperano: una sua candidatura alla guida di Confindustria, per provare ad avere dopo molti anni un’associazione guidata da un capitano d’impresa. Chissà.  

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