“Titolare effettivo”: storia di ordinaria burocrazia, con lieto fine

Nicola Rossi

Una norma antiriciclaggio prescrive di far sapere, solo per via telematica, chi è il titolare di un’attività a un ufficio che già lo sa. Il Tar l’ha sospesa

Ci sono le guerre. C’è il cambiamento climatico. Ci sono i femminicidi. C’è lo scontro sulla giustizia. Ci sono i fenomeni migratori. E poi ci sono le piccole questioni quotidiane di cui nessuno si occupa perché sono, appunto, piccole questioni quotidiane. Ma poi sono queste piccole questioni quotidiane quelle che ci riempiono la giornata. Quelle che non ci fanno scendere in piazza ma che, sommandosi le une alle altre, segnano la qualità delle nostre giornate fino a trasformarsi a volta in un risentimento diffuso che finisce prima o poi per prendere direzioni impreviste.


La piccola questione di questi giorni si chiama “titolare effettivo”. In data 11 marzo 2022 l’allora ministro dell’Economia e delle Finanze (di concerto con l’allora ministro dello Sviluppo Economico) – vista la direttiva (Ue)  2015/849  del  Parlamento  europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema  finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo – decreta e detta le opportune disposizioni per la comunicazione, da  attuarsi con modalità esclusivamente telematiche, all’ufficio  del  registro  delle imprese dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di  personalità  giuridica, di persone giuridiche  private, eccetera, eccetera. Ma chi è il “titolare effettivo”? E’, o dovrebbe essere, la persona cui fa capo una attività ovvero, nel caso di una entità giuridica chi, come persona fisica, in ultima istanza, la possiede, la controlla o comunque è la beneficiaria dell’attività della entità stessa. La valenza antiriciclaggio della norma è evidente: il riciclaggio di denaro avviene spesso per il tramite di imprese di copertura che, nascondendo il loro vero titolare, rendono difficile individuare il beneficiario degli introiti.

 
Fin qui nulla da eccepire. Ma come si individua il “titolare effettivo” e come si comunica all’ufficio del registro delle imprese? Nel caso delle società, si presume che sia “titolare effettivo” la persona fisica che detiene più del 25 per cento delle quote o delle azioni. Se si tratta di una società controllata da un’altra società si risale nella catena fino all’ultimo anello per poter applicare lo stesso criterio. In assenza di queste condizioni si presume che possa essere considerato “titolare effettivo” la persona fisica che esercita una influenza dominante sulla società, ad esempio perché esercita poteri di amministrazione o direzione. La comunicazione del “titolare effettivo” può avvenire solo per via telematica e l’istanza deve essere firmata digitalmente senza possibilità di deleghe ed entro scadenze precise pena una multa superiore ai mille euro.

 
Ora, premesso che l’immagine del riciclatore che comunica giulivo che, nonostante le risultanze camerali, è lui il reale beneficiario è piuttosto improbabile, non dovremmo dimenticare che l’Italia conta 4 milioni di microimprese con meno di 10 addetti – e cioè il 95 per cento del totale – costituite in misura non trascurabile anche in forma societaria. Ad esse stiamo chiedendo di individuare il “titolare effettivo” e comunicarlo in via telematica senza possibilità di deleghe. È facile immaginare che l’intera questione del “titolare effettivo” possa risolversi in un concreto beneficio non per il titolare stesso ma per il suo commercialista e in una tassa implicita per l’impresa (e se qualcuno nutre dei dubbi, provate a farlo da soli). Ma, per quanto sgradevole, questo è il minimo dei problemi. Dal 2011 – se non erro – le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici non possono richiedere o accettare atti o certificati contenenti informazioni già in possesso di un’altra amministrazione. Ora le informazioni citate in precedenza sono già tutte in possesso dell’ufficio del registro delle imprese (che, su indicazione degli amministratori, di ogni società registra, ad esempio, l’identità e la quota di ogni socio nonché l’identità degli amministratori e del rappresentante legale) e cioè dello stesso ufficio che dovrebbe ricevere le comunicazioni sul “titolare effettivo”. Che cosa impediva, allora, che il ministro estensore del decreto stabilisse che fosse l’ufficio del registro delle imprese a individuare il “titolare effettivo” (comunicandolo agli interessati e ferma restando la possibilità per il singolo di modificarne le conclusioni)? Che cosa impediva ai suoi uffici legislativi di riflettere prima di scrivere? A che serve una Pubblica amministrazione che non conosce le norme di comportamento che essa stessa si è data in precedenza? A che servono uffici del registro delle imprese che si limitano passivamente a ricevere informazioni senza utilizzarle come potrebbero? A che serve, oggi, un ministro per la Semplificazione normativa che non esercita le proprie competenze? O si dà per scontato che il tempo dei cittadini sia privo di qualunque valore? Che si possa comunque disporre delle loro risorse? Che si possa chiedere loro di fare più volte la stessa identica cosa, per il solo piacere di chiederlo?


Le piccole questioni quotidiane sono quelle che – molto più delle grandi questioni planetarie – segnano le nostre giornate. E le giornate di una impresa sono segnate da dieci, cento, mille normative simili a quella del “titolare effettivo” e stupide nella loro traduzione pratica come quella. Il Tar Lazio ha sospeso la scadenza per l’indicazione del “titolare effettivo” prevista per l’11 dicembre. Evviva! Il ministro per la Semplificazione normativa ha una buona occasione per segnalare agli italiani che lei c’è e lotta insieme a noi.