LaPresse

interrogativi

Il governo inizia a vendere Mps, ma a pezzi

Luciano Capone

Il Mef mette sul mercato il 20 per cento della banca, è un messaggio rivolto a Bruxelles e ai mercati: l'Italia intende rispettare gli impegni sulle privatizzazioni. Si fa fatica, però, a vedere i contorni dell'"operazione di politica industriale" di Giorgetti

La privatizzazione del Monte dei Paschi parte a pezzi. Il Mef ha infatti annunciato di aver messo sul mercato il 20 per cento di Mps con una procedura accelerata di raccolta ordini attraverso un  consorzio di banche (BofA, Jefferies e Ubs). Se l’operazione andasse in porto, il Mef scenderebbe dal 64 al 44 per cento incassando 7-800 milioni, stando alle valutazioni attuali. Con questa mossa, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti lancia un messaggio principalmente a Bruxelles e ai mercati, per dire che il governo italiano intende fare sul serio.

 

In primo luogo, la cessione della banca senese è uno degli impegni assunti al momento del salvataggio dall’Italia con la Commissione europea, che tutti i governi hanno ribadito e mai realizzato. In secondo luogo, l’avvio della vendita di Mps mostra ai mercati che anche il piano di privatizzazioni, approvato con la Nadef e il Documento programmatico di bilancio, è un programma concreto: sicuramente non si arriverà agli annunciati 20 miliardi di dismissioni nel triennio, ma il governo segnala di volerle avviare. Infine, l’esecutivo inizia a fare un po’ di cassa per contenere, seppure marginalmente, un debito pubblico elevatissimo che è in aumento. Insomma, l’Italia intende tenere fede sia agli impegni con l’Europa sia alla Nadef, è il messaggio del governo, che è tanto più significativo in quanto arriva dopo oltre un decennio in cui non si sono fatte privatizzazioni ma, anzi, molte nazionalizzazioni. Dopo Ita, la cui cessione a Lufthansa trova paradossalmente ostacoli a Bruxelles, Mps è il secondo passo.

 

Gli interrogativi riguardano un altro aspetto. Giorgetti ha sempre detto che la vendita di Mps non sarà una mera dismissione, bensì una “operazione di politica industriale”. Al momento si fatica a vederne i contorni. Falliti i tentativi di dare Mps in sposa prima a Unicredit per rafforzare il bipolarismo e poi a Banco Bpm per creare un “terzo polo”, ora il Mef si limita a venderne un pezzo. Scende sotto il 50 per cento, probabilmente per rendere più attraente la banca. Non riuscendo a trovare uno sposo a Mps per un matrimonio combinato, la inizia a mettere sul mercato sperando che qualche spasimante si faccia avanti. Si vedrà nei prossimi mesi se funziona.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali