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L'intervista

Motivi per essere fiduciosi sul giudizio di Moody's sul rating italiano

Mariarosaria Marchesano

Dopo S&P Global Ratings, Dbrs e Fitch oggi è il turno di Moody’s. Il potere dei tassi e le stime della Commissione europea sulla crescita e sul rapporto deficit-pil italiano sono segnali positivi. Parla Antonio Cesarano (Intermote)

Aspettando Moody’s (stasera alle ore 23, a chiusura dei mercati americani), il Foglio ha rivolto alcune domande ad Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, che in quanto a prospettive e attese dei mercati la sa lunga (il suo caffè mattutino è tra i più seguiti nel mondo degli investimenti). Ma prima di cominciare, occorre fare una premessa per capire perché il giudizio di Moody’s sull’Italia è così atteso e temuto dopo che le precedenti valutazioni delle tre agenzie (S&P Global Ratings, Dbrs e Fitch) hanno lasciato invariato il rating e anche l’outlook facendo tirare un primo sospiro di sollievo al governo Meloni, che deve superare il banco di prova della manovra economica. “L’agenzia americana è considerata la più severa nelle sue valutazioni sul nostro paese, che ha declassato nel 2018 portando l’outlook a negativo - ricorda Cesarano – Ma è vero che ci sono ragioni che supportano un certo ottimismo in attesa del verdetto di stasera”.

In effetti, l’apertura dello spread btp-bund a 175 punti base – in netta discesa rispetto solo a un paio di settimane fa quando è arrivato a superare i 200 – è il segnale che la tensione si sta allentando, anche se rischi e preoccupazioni sull’Italia permangono. Debito pubblico in salita e scarsa crescita sono i punti deboli. Certezze, dunque, non ce ne possono essere e vale la pena ricordare che sette giorni fa Moody’s ha peggiorato a sorpresa l’outlook degli Stati Uniti a causa dell’elevato deficit mandando su tutte le furie il presidente Joe Biden, dopo che ad agosto Fitch aveva tagliato il rating del paese per lo stesso motivo. Ma stando un po’ all’aria che tira oggi sull’Italia, non sono attese brutte sorprese. E Cesarano individua almeno due buoni motivi per essere fiduciosi. “Il primo direi che è il potere dei tassi – comincia – Con l’inflazione in discesa si sta consolidando sui mercati l’attesa di una pausa da parte delle banche centrali e in più si scommette su tagli del costo del denaro a partire già da giugno del 2024, alla luce sia dei segnali di rallentamento macro sia del recente calo del petrolio. Questo è lo scenario di fondo che sta creando le condizioni per la discesa dello spread btp-bund, che è sotto pressione anche per la stretta monetaria della Bce”. Il secondo motivo per essere ottimisti sul giudizio di Moody’s è rappresentato – secondo lo strategist di Intermonte – dalle stime aggiornate della Commissione europea sull’Italia che per il 2024 prevedono una crescita di 0,9 per cento e un rapporto deficit-pil del 4,4 per cento.

“Si discostano, ma non tantissimo per il deficit, da quelle fatte dal governo, che sono, rispettivamente dell’1,2 per cento e del 4,3 per cento. Ma la cosa più importante è che Bruxelles sembra fiduciosa nell’impatto positivo che il Pnrr avrà sulla crescita dell’Italia a partire dal 2025 cosa che spinge a considerare il 2024 un anno non facile da superare, ma con una prospettiva in discesa”. Insomma, è possibile che Moody’s tenga conto di questi fattori per confermare il giudizio sull'Italia, con alcuni analisti che non escludono la possibilità che possa addirittura portare l'outlook da negativo a stabile. “Direi – conclude Cesarano - che la temuta stagione dei rating di fine 2023 potrebbe concludersi senza gravi danni, ma questa è anche l’occasione per ricordare che a breve l’Italia dovrà fare i conti con la quinta agenzia, la tedesca Scope Ratings, per la quale pochi giorni fa la Bce ha iniziato l'iter di adozione come istituto esterno per valutare il merito di credito dei paesi dell’Unione. Ed anche Scope Ratings in prospettiva diventerà un ulteriore banco di prova per l’Italia”. 

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