l'analisi

Il peso del Superbonus sul rating dell'Italia

Luciano Capone

Giorgetti affronta il ciclo di giudizi delle agenzie dopo aver cercato di bloccare l'emorragia dei bonus edilizi. Secondo Mef e Agenzia delle entrate il bonus 110% ha prodotto nel 2021-22 solo +0,9% di pil e un disvanzo pari all'80% della spesa

Dopo il caso Giambruno, che in mattinata ha monopolizzato l’attenzione dei media, e prima del giudizio di Standard & Poor’s atteso in serata, Giancarlo Giorgetti ha rivendicato il lavoro fatto sulla legge di Bilancio che “troverà la valutazione onesta delle agenzie di rating che l’hanno letta e di certo non basano le loro valutazioni sul gossip e i titoli scandalistici”. Il ministro dell’Economia nelle ultime settimane, alla vigilia di un ciclo di giudizi, ha avuto diversi incontri con le agenzie di rating “per dimostrare la credibilità e solidità del paese”.

 

I punti deboli del quadro macroeconomico del governo sono le previsioni di crescita superiori e non di poco al consensus, un grande piano di privatizzazioni poco credibile e un taglio di tasse in deficit temporaneo. Ma, dall’altro lato, Giorgetti può mostrare di essere stato rigido su due questioni che preoccupano molto gli osservatori internazionali: le pensioni e il Superbonus. Nel primo caso il governo Meloni è stato rigido, confermando un ulteriore avvicinamento verso i criteri della legge Fornero. Nel secondo caso, ha bloccato – si spera definitivamente – l’emorragia di crediti fiscali che continua a svuotare la cassa del Tesoro.


Su 28 miliardi del dl Anticipi, appena pubblicato in Gazzetta, 15 miliardi sono destinati al Superbonus: “Per il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello stato delle agevolazioni per i bonus edilizi”. In pratica, 15 miliardi in più per compensare gli effetti di cassa prodotti dai crediti fiscali che hanno inondato il mercato. Basti considerare, come ha ricordato sul Sole 24 Ore Gianni Trovati, che secondo le stime del decreto Rilancio del 2020, con cui fu introdotto il bonus del 110 per cento con lo sconto in fattura, per quest’anno la spesa prevista era di meno di 3 miliardi. Ormai il Tesoro arriva a pagare ogni anno circa 24 miliardi di euro di bonus edilizi (prevalentemente Superbonus), esattamente quanto la legge di Bilancio  appena varata: in pratica per cinque anni la politica economica del paese consisterà nel pagare il mutuo al 3-4 per cento della popolazione che è riuscita a rifarsi la casa con i bonus edilizi.

 

A fronte di enormi risorse investite (circa 130 miliardi tra Superbonus e Bonus facciate), e a dispetto di fiumi di propaganda su miracolosi effetti “moltiplicativi”, i risultati sono più che deludenti. Come mostra l’ultima edizione de “Gli Immobili in Italia 2023”, pubblicazione del Mef e dell’Agenzia delle entrate che dedica un capitolo alle agevolazioni edilizie e all’analisi degli effetti del Superbonus. Cosa dicono i dati del Mef e dell’Agenzia delle Entrate? Che l’impatto sull’economia prodotto dal Superbonus è pari allo 0,92% del pil nel biennio 2021-22, mentre quello cumulato fino al 2025 arriva all’1,23%. Un dato in linea con le valutazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che aveva stimato un impatto pari a circa l’1% del pil in un biennio. “Il moltiplicatore fiscale, ovvero il rapporto tra la variazione del pil e la variazione iniziale della spesa pubblica, è pari a 0,42 nel primo biennio. Il valore cumulato sull’intero periodo di simulazione è pari a 0,64”, dice il report sviluppato usando il modello del Mef. E questo perché, secondo le assunzioni condivise con la Banca d’Italia, “il 50% degli interventi ammessi al Superbonus non sarebbe stato effettuato se non fosse stato introdotto l’incentivo”. In sostanza, solo la metà degli investimenti sussidiati sono aggiuntivi.

 

Nella prefazione al volume, il direttore generale delle Finanze Giovanni Spalletta scrive che “il Superbonus 110 ha contribuito alla crescita registrata negli ultimi anni, in particolare del settore delle costruzioni e delle attività a esso collegate, mentre gli impatti a livello dell’intera economia sono stati più contenuti”. Va comunque ricordato, precisa Spalletta, “che, anche tenendo conto delle imposte e dei contributi sociali versati a fronte dell’aumento dell’attività del settore, gli oneri della misura per il bilancio pubblico restano comunque ingenti”. 

 

Le parole del direttore delle Finanze sono cariche di understatement. Per avere un’idea più precisa dell’entità degli oneri più dell’aggettivo “ingenti” aiutano i numeri. Secondo Mef e Agenzia delle entrate, il Superbonus “ha determinato significativi incrementi del disavanzo pubblico, pari all’80% della spesa complessiva nel biennio 2021-2022”. Vuol dire che la copertura derivante dalle maggiori entrate è pari al 20% della spesa. A fronte dello 0,92 per cento di crescita. Se fosse solo sul Superbonus, il rating sarebbe da spazzatura. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali