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Carne sintetica e libertà economica: questione di cultura

Luciano Capone

La legge che vieta la carne sintetica continua ad avere molti problemi legati al mercato economico europeo. Ma soprattutto vieta una cosa già vietata

La legge contro la “carne sintetica”, già approvata dal Senato e ora all’esame della Camera, è diventata un simbolo della culture war del governo. La norma, nata su proposta della Coldiretti e fortemente voluta dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, introduce il divieto di vendere, importare e produrre alimenti a partire da colture cellulari: la cosiddetta carne coltivata. La legge ha enormi problemi di compatibilità con le regole sul mercato unico europeo, tanto che – come rivelato dal Foglio – il governo ha ritirato la notifica a Bruxelles proprio per evitare una bocciatura. 

L’editto Coldiretti-Lollobrigida è una legge che vieta una cosa già vietata, perché non esistono prodotti di tal tipo autorizzati dall’Ue; ed è una legge che non potrà vietare nulla una volta che l’Europa avrà autorizzato un prodotto a base di carne coltivata. Una norma doppiamente inutile, insomma. Che però è comunque dannosa, perché ostacola ricerca e investimenti in un nuovo settore economico. Ed è questo, a differenza dei temi scientifici e ambientali, uno degli argomenti meno usati nel dibattito politico. Riccardo Magi, segretario di +Europa, ha invece depositato una pregiudiziale di costituzionalità sul Ddl che, tra le altre cose, solleva il contrasto “con il principio di iniziativa economica privata”, che è tutelato dall’articolo 41 della Costituzione. “Per quanto lo si ricordi sempre troppo di rado – sostiene Magi – in Italia l’iniziativa economica privata è una libertà costituzionalmente protetta, che, in quanto tale, non può essere limitata con legge ordinaria se non  nel caso di contrasto della stessa con l’utilità sociale, la salute, l’ambiente, la sicurezza, la libertà o la dignità umana”, tutte condizioni che ad avvisto di +Europa non riguardano questo caso. 

Al di là degli aspetti giuridici, è interessante che l’opposizione sollevi il tema della libertà d’impresa contro un governo che si è presentato dicendo: “Il nostro motto sarà: non disturbare chi vuole fare”, come disse Giorgia Meloni nel discorso di insediamento alla Camera. È un modo per spostare la culture war della destra su un terreno meno comodo, dalla tradizione alimentare alla libertà economica.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali