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Le reazioni

Il brusco calo dell'inflazione che spiazza la Bce. Spunti dai mercati

Mariarosaria Marchesano

Tra gli operatori di mercato si discute se la rapida discesa dei prezzi possa innescare o meno una riduzione dei tassi d'interesse da parte della Bce

Che sia giusto o sbagliato, la sorprendente discesa dell’inflazione a ottobre aumenta la convinzione degli investitori che la stretta monetaria nella zona euro sta per esaurirsi e che il momento in cui la Bce comincerà a tagliare i tassi è più vicino rispetto a qualche giorno fa. Ma sarà davvero così e su che cosa si basa questa convinzione? L’osservazione attenta delle mosse della Fed (che si è riunita ieri) questa volta non è di grande aiuto per capire come si orienterà l’Eurotower visto che le economie di Stati Uniti ed Europa stanno viaggiando in senso opposto, come confermano i dati dei rispettivi pil del terzo trimestre. Non ci sarebbe da sorprendersi, infatti, se le politiche delle due banche centrali cominciassero a discostarsi, anche se, finora, il mantra dell’“higher for longer” (tassi alti più a lungo) sembra il solco comune in cui hanno scelto di muoversi. In questo scenario così mutevole, tastare il polso ai mercati dopo che si è scoperto che l’inflazione dell’Eurozona si è ridotta oltre le attese della stessa Bce (dal 4,3 per cento di settembre al 2,9 per cento di ottobre, il livello più basso da luglio 2021), sebbene la componente core (di fondo) sia solo appena inferiore alle sue aspettative, offre interessanti spunti di riflessione. 

L’analisi di T. Rowe Price, società di asset management, per esempio, parte dall’osservazione della congiuntura economica dell’Eurozona (pil in contrazione nel terzo trimestre e stime di contrazione anche nel quarto, con la possibilità concreta che entri in recessione tecnica), per concludere che la Bce dovrà iniziare presto a tagliare i tassi per evitare un periodo prolungato di inflazione al di sotto del target. Nel decennio precedente la pandemia – questo l’inizio del ragionamento – l’area si trovava bloccata in un regime di bassa inflazione e di economia stagnante, che nemmeno mille miliardi di quantitative easing riuscivano a sollevare. “I rischi che l’Eurozona ritorni a questa situazione di stallo sono più elevati del solito – dice T. Rowe Price –. Tre importanti fattori di sostegno all’economia sono ormai svaniti: l’energia a basso costo, una maggiore partecipazione della forza lavoro grazie alla riforma della rete di sicurezza sociale, abbondanza di manodopera dall’Europa centrale e orientale. L’economia europea dovrà ora attraversare un periodo di trasformazione strutturale per imparare a funzionare senza questi venti favorevoli”. In conclusione, il rapido calo dei prezzi dovrebbe dare alla Bce lo spazio per prendere in considerazione una riduzione dei tassi, non appena “sarà sicura che il trend di disinflazione è persistente”. 

Ma non tutti gli operatori di mercato hanno la stessa percezione. Secondo una ricerca di Pictet wealth management, vero è che c’è stata una discesa rapida dell’inflazione complessiva, ma i dettagli dei dati hanno rivelato che sia la componente dei servizi sia quella di fondo (inflazione core) si sono ridotte di pochissimo da settembre a ottobre mentre “i prezzi dell’energia sono destinati a contribuire nuovamente in modo positivo all’inflazione generale”. Di conseguenza, conclude Pictet, questi dati non fanno altro che confermare l’aspettativa che la Bce manterrà i tassi d’interesse fermi nel prossimo futuro (“higher for longer”, appunto). E, però, bisogna tenere conto anche della situazione macro. Se da un lato, osserva Moneyfarm, la stretta monetaria della Bce si è rivelata decisiva nella lotta all’inflazione, dall’altro lato sta segnando lo stato di salute generale dell’economia dell’area. Nel terzo trimestre 2023 il pil è sceso dello 0,1 per cento, risultato peggiore rispetto alla stagnazione prevista dagli economisti. Per il momento, l’Eurozona sta ancora crescendo ma con un quarto trimestre ancora in calo andrebbe incontro alla recessione. 


Del resto, si vede già l’effetto che la combinazione di tassi di interesse elevati, consumi ridotti e sentiment globale negativo sta producendo su alcune economie nel terzo trimestre come Germania (-0,1 per cento), Irlanda (-1,8 per cento), Austria (-0,6 per cento) e Repubblica Ceca (-0,3 per cento). Questi dati erano però per lo più attesi, mentre a sorprendere negativamente è stata proprio l’Italia con un pil a zero dovuto essenzialmente a un indebolimento della domanda interna, poiché le esportazioni hanno continuato a dare un contributo positivo alla crescita. Il nostro paese è anche quello in cui si registra il calo più brusco dell’inflazione a ottobre (1,8 per cento su base annua contro il 5,3 per cento di settembre), dovuto alla drastica riduzione dei prezzi dei beni energetici. Comunque sia, le riunioni di fine anno della Bce si prospettano cruciali per l’economia dell’Eurozona in un contesto in cui i rischi geopolitici sono aumentati. Non a caso, segnala Moneyfarm, i mercati temono un’invasione via terra da parte di Israele e un allargamento del conflitto al resto del Medioriente, “anche se questi timori non hanno ancora esercitato pressioni al ribasso sui tassi d’interesse degli Stati Uniti”, mentre il rischio geopolitico viene “coperto” attraverso strumenti difensivi reali come oro e petrolio. 
 

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