Il commento

Pregi e limiti del "concordato" nel contrasto all'evasione

Marco Leonardi e Leonzio Rizzo

Quello che è necessario fare perché la misura inserita nella delega fiscale non commetta gli stessi errori di quella propota da Tremonti nel 2003

La propensione a evadere è un numero incredibile: 69 per cento (32 miliardi annui) per i redditi da lavoro autonomo e redditi di impresa e 24 per cento (9 miliardi annui) per l’Ires. È urgente una soluzione al problema. Il governo propone nella delega fiscale “l’introduzione del concordato preventivo biennale a cui possono accedere i contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo”. Ma come e a chi dovrebbe essere offerto il concordato perché il provvedimento non faccia la stessa fine di quello del ministro Tremonti nel 2003? In quel caso i risultati furono “nulli o insignificanti” per le casse dello stato: furono raccolti circa 57,5 milioni di euro in due anni rispetto ai 3,58 miliardi di euro preventivati nella finanziaria 2003. Non vorremmo che accadesse lo stesso quest’anno

Innanzitutto, il concordato non dovrebbe essere offerto ai forfettari (che hanno flat tax al 15 per cento fino a 85mila euro), come pare essere intenzione del governo. Infatti il concordato potrebbe competere col regime forfettario solo con proposte  inferiori ai redditi forfettizzati, o comunque ben lontane da quelli effettivi, facendo così perdere gettito allo stato. 

Il concordato potrebbe essere diretto ai 2,4 milioni di  autonomi che sono soggetti agli Isa. Gli Isa, introdotti dal 2018 in sostituzione degli studi di settore, vanno da 1 a 10 in base all’affidabilità fiscale del contribuente derivante dalla conformità della sua dichiarazione rispetto ad alcuni valori presunti dei ricavi, del valore aggiunto e del reddito. Un valore di 8 è considerato la “sufficienza”: la  dichiarazione è sufficientemente affidabile. Per fare un esempio, un commerciante medio-grande che nel 2021 ha un Isa maggiore di 8 (sono il 43 per cento) dichiara in media (una media su tutto il territorio nazionale e su tutte le caratteristiche prese in considerazione dagli Isa) un fatturato di 576mila euro e un reddito imponibile lordo di 61mila euro; uno con Isa inferiore a 8 (il 57 per cento dei commercianti medio-grandi) dichiara in media 433 mila euro di fatturato e 19 mila euro lordi di reddito imponibile. 

Per far funzionare il concordato preventivo avrebbe senso che l’Agenzia delle entrate (Ade) offrisse al contribuente con Isa minore 8 un concordato pari a quello che guadagna un contribuente simile in tutto e per tutto (caratteristiche dell’attività e della sua localizzazione) ma con un Isa di 8 o superiore. Ma a quel punto perché il contribuente con Isa basso dovrebbe accettare un concordato che lo porterebbe a dichiarare  più di quanto dichiara adesso? Funzionerebbe solo se la minaccia dei controlli in caso di rifiuto del concordato fosse credibile. È importante che l’Ade possa fare delle proposte che, anche se non tutta,  recuperino una parte ragionevole dell’evasione, consentendo alle imprese e ai lavoratori di continuare la loro attività in modo redditizio. Perché ciò si possa realizzare deve essere credibile che, nel caso in cui non si accetti la proposta di concordato, le sanzioni e controlli saranno puntuali e inesorabili.

Inoltre sarebbe opportuno che, tra chi è soggetto agli Isa, chi ha intenzione di prendere in considerazione il concordato si facesse avanti per primo. Non è pensabile infatti che l’Ade faccia offerte di concordato massive quando poi magari solo pochissimi accetterebbero lo strumento. Il concordato per essere una cosa seria deve essere “personalizzato”. Ci sarebbe proprio bisogno che il concordato funzionasse. Oggi due provvedimenti richiesti dal Pnrr rendono potenzialmente l’Ade molto più capace di individuare l’evasione: l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica per i soggetti forfettari e l’obbligo di trasmissione da parte dei gestori dei Pos (principalmente banche) dei dati riepilogativi giornalieri delle transazioni effettuate dagli operatori commerciali. 

Il concordato potrebbe essere l’unico modo per convincere “con le buone” alcuni contribuenti a dichiarare di più; l’unico modo per addolcire la pillola di un fisco che oggi ha molte più armi di prima per scoprire l’evasione. Oppure potrebbe diventare il modo per continuare a evadere le tasse come prima ed essere il fallimento che fu con Tremonti. Dipende tutto dal governo, che però cade già subito in contraddizione: mentre si appresta a scrivere a bilancio un extragettito dal concordato preventivo, contemporaneamente chiede nella revisione del Pnrr di ridurre gli obiettivi di lotta all’evasione. Non è proprio un  segnale confortante
 

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