Stati Uniti

La Bidenomics traina il pil Usa, ma ha i suoi lati oscuri

Mariarosaria Marchesano

La politica fiscale espansiva spinge la crescita più che in Eurozona, ma il debito inizia a preoccupare

Inciamperà pure ogni tanto sulle scale il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ma la sua ricetta economica funziona a giudicare dal gran balzo che ha fatto il pil americano nel terzo trimestre (più 4,9 per cento), portando le stime di crescita per quest’anno al 2,5 per cento. La Bideneconomics, vale a dire spesa fiscale a manetta anche dopo la fine dell’emergenza Covid e deficit pubblico all’8 per cento (il doppio dell’Italia, tanto per fare un paragone), raccoglie i suoi frutti, si vedrà per quanto tempo e con quali effetti. 

Intanto, è inevitabile fare un confronto con l’Eurozona, che affanna sul percorso dello sviluppo economico. Proprio ieri la Bce ha rivisto al ribasso la crescita del pil dell’area per il 2023 e il 2024, rispettivamente allo 0,5 per cento e allo 0,9 per cento. E il commissario Ue per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, al termine dell’Eurogruppo, sebbene abbia escluso la recessione, ha ammesso che siamo in una fase di “rallentamento”, sulla quale pesano soprattutto l’indebolimento della Cina, che dell’Europa è un importante partner commerciale, e le incertezze legate alla guerra in Ucraina e all’escalation in Medio Oriente. Perché questa differenza così macroscopica tra le due sponde dell’Atlantico? “Al di là delle differenze strutturali tra macro aree – spiega al Foglio Tommaso Monacelli, professore di Economia all’Università Bocconi – l’esposizione dell’Europa allo choc energetico è stata fortissima rispetto agli Stati Uniti, i quali praticamente non ne hanno risentito e in più hanno messo in campo una spesa fiscale senza precedenti prima e dopo il Covid. E non mi riferisco solo gli aiuti alla popolazione e ai fondi pubblici per sostenere la competitività dell’industria americana, ma alla spesa per gli armamenti”.

Dunque, gli sforzi militari hanno contribuito a spingere la crescita economica americana? “Non c’è dubbio su questo”, prosegue Monacelli, secondo il quale difficilmente il pil americano continuerà a mostrarsi così dinamico nei prossimi trimestri. “Ci sono già segnali di un deterioramento – prosegue – e mi riferisco al mercato immobiliare che sta soffrendo per l’aumento del costo del denaro e ai rischi derivanti dalla gigantesca mole di debiti degli studenti in scadenza. Non sottovaluterei, inoltre, il ruolo che svolge la propensione al consumo nella crescita americana. Gli aiuti delle due amministrazioni, Trump e Biden, anche con l’invio a casa di denaro contante, hanno prodotto una formidabile spinta all’acquisto di beni voluttuari e di servizi. Insomma, non c’è paragone con i paesi europei, che, nonostante lo stanziamento di ingenti risorse durante l’emergenza sanitaria, si sono poi sforzati, chi più chi meno, di dare un freno alla spesa pubblica”. 

Eppure, da una parte e dall’altra, le banche centrali, Fed e Bce, hanno dichiarato guerra all’inflazione mettendo in atto una decisa stretta monetaria. Ma anche qui il risultato è stato diverso nelle due aree: in Europa i prezzi stanno scendendo più lentamente rispetto agli Stati Uniti proprio a causa della componente energetica e anche perché, ricorda Monacelli, la Bce ha avviato i rialzi dei tassi un anno dopo la Federal reserve. Comunque vada, l’America sta mostrando la sua potenza economica in un periodo di gravi tensioni geopolitiche e questo gioca a favore di Biden. 

Ma c’è un lato oscuro rappresentato dall’aumento del debito, diventato fonte di preoccupazione dei mercati finanziari soprattutto dopo l’ultimo declassamento da parte di Fitch. “Quello che dobbiamo chiederci non è perché gli Stati Uniti crescono tanto più dell’Europa perché è così da tempo, ma dove li condurrà in futuro questa politica fiscale ultraespansiva”, osserva Alessandro Fugnoli, analista e strategist di Kairos. “Negli ultimi vent’anni il pil americano è aumentato del 40 per cento, il doppio di quello europeo, che è salito solo del 20 per cento. Direi che il maggior dinamismo nella produttività e la minore dipendenza energetica sono tra i maggiori fattori che hanno creato questo divario. Però adesso sta avvenendo un fenomeno nuovo: l’America sta sempre di più comprando crescita economica con il debito, voglio dire che ogni anno spende molto di più della ricchezza che pure è in grado di produrre per spingere il pil, è una sorta di vortice. Gli investitori hanno ormai seri dubbi sulla sostenibilità di questa politica e si vede dalla crescita dei rendimenti dei titoli di stato, i treasury, che sono arrivati sotto la soglia del 5 per cento, praticamente quanto quelli dei btp”. Con una differenza fondamentale: comunque vada, quest’anno gli Stati Uniti cresceranno del 2,5 per cento, l’Italia, se va bene, si terrà sotto l’1 per cento.