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i dati dell'Istat

Nel 2022 l'aumento della povertà è stato trainato dall'inflazione, nel 2023 dipenderà dalla crescita

Massimo Baldini

Lo scorso anno per il 20 per cento dei nuclei con spesa più bassa il tasso d’inflazione è stato del 12,1 per cento, contro solo il 7,2 per cento per il 20 per cento più ricco. Come leggere i dati dell'Istat

Secondo i nuovi dati Istat, l’incidenza della povertà assoluta tra i residenti in Italia è salita dal 9,1 per cento nel 2021 al 9.7 per cento nel 2022, quella delle famiglie dal 7,7 per cento all’8,3 per cento. Si tratta di 5,6 milioni di persone che vivono in 2,2 milioni di famiglie. Sono dati frutto della revisione della metodologia di stima della povertà assoluta che l’Istat segue da ormai quasi vent’anni, unico istituto in Europa a calcolare, assieme ai più tradizionali indicatori di povertà relativa, anche una misura di povertà assoluta, per cui viene considerata in povertà una famiglia che non riesce ad acquistare un paniere di spesa in beni e servizi essenziale per non trovarsi in condizioni di esclusione. Il valore di questo paniere varia a seconda della composizione della famiglia, della regione e della dimensione del comune di residenza. I dati del 2022 possono essere confrontati per ora solo con quelli del 2021, gli unici finora sottoposti a revisione.

E’ una fortuna che l’Italia calcoli anche la povertà assoluta, perché la linea di povertà relativa è funzione del reddito o del consumo medio e quindi dipende dal ciclo economico, aumentando durante le espansioni e diminuendo in recessione. Se una crisi affonda tutti i redditi nella stessa proporzione, la linea relativa scende allo stesso modo e quindi l’incidenza della povertà relativa non cambia, mentre la linea assoluta varia solo in funzione del tasso di inflazione, e in questo caso segnalerebbe che le cose sono peggiorate

E’ proprio il forte aumento dei prezzi registrato nel 2022 che spiega perché è aumentata l’incidenza della povertà assoluta malgrado il buon andamento dell’economia. La spesa delle famiglie nel 2022 a valori correnti è cresciuta dell’8,7 per cento, però i prezzi sono aumentati nella stessa misura, mantenendo così ferma la spesa reale. La spesa corrente delle famiglie è salita più o meno nella stessa percentuale per ricchi e poveri, ma l’elevata inflazione del 2022 è stata più alta per le famiglie con bassa spesa. L’effetto dell’inflazione varia, infatti, a seconda dei beni e servizi acquistati. Le famiglie meno abbienti dedicano una quota maggiore della spesa totale proprio all’acquisto di quei beni che nel 2022 hanno avuto forti rincari, in particolare abitazione, energia, alimentari e trasporti. E così lo scorso anno per il 20 per cento dei nuclei con spesa più bassa il tasso d’inflazione è stato infatti del 12,1 per cento, contro solo il 7,2 per cento per il 20 per cento più ricco, una eccezionale differenza di ben cinque punti.

Nel 2023 l’inflazione generale è molto diminuita, e con essa anche la differenza tra i tassi di inflazione del 20 per cento più povero e del 20 per cento più ricco, che ora è attorno a 1 punto percentuale. La forte differenza nell’inflazione media tra ricchi e poveri ha fatto sì che nel 2022 la spesa reale sia diminuita del 2,5 per cento per le famiglie meno abbienti, mentre è cresciuta dell’1,8 per cento per il 20 per cento più benestante. Da qui l’incremento del numero dei poveri assoluti.

Il quadro della povertà che ci offrono i nuovi dati è molto simile a quello degli anni precedenti: l’incidenza cresce all’aumentare dell’età, è maggiore al Sud ma molto alta pure nelle regioni settentrionali, ed è decisamente più elevata per le famiglie con almeno uno straniero. Vale però la pena, quando si parla delle caratteristiche dei poveri, distinguere tra incidenza e composizione. L’incidenza della povertà per classi di età ci dice ad esempio che la percentuale di poveri è molto maggiore tra i minori, ma i giovani sono sempre meno in Italia, e quindi vi è un grande numero di poveri anche tra i baby boomer, proprio perché sono tanti. Allo stesso modo, se guardiamo al numero dei componenti, l’incidenza della povertà è “solo” del 7,5 per cento per i single e del 6 per cento per le famiglie di due persone, mentre sale al 22,5 per cento per le famiglie di 5 o più componenti. Ma le famiglie numerose sono poche, tanto è vero che i nuclei con uno o due persone costituiscono ben il 54 per cento di tutti quelli in povertà. La differenza tra incidenza e composizione è importante, perché se rimaniamo fermi al solo fatto, pur vero, che i giovani sono il gruppo più a rischio di povertà, non si capisce poi come mai la grande maggioranza dei nuclei beneficiari del Reddito di cittadinanza sia costituita da famiglie piccole senza minori.

Mentre l’incidenza della povertà assoluta nel 2022 è stata dominata dall’inflazione, è prevedibile che quest’anno molto dipenderà dall’andamento dell’economia reale, che mostra da tempo decisi segni di rallentamento. Inoltre, nel 2022 le famiglie hanno alimentato le loro spese anche con la contrazione del tasso di risparmio, consumando quello che non hanno potuto spendere durante i lockdown del biennio precedente, ma questa possibilità ora non c’è più perché il tasso di risparmio è già sceso ai bassi livelli del periodo pre-pandemia. Sarà interessante anche valutare quali conseguenze avranno la riduzione dei trasferimenti economici per contrastare i maggiori costi dell’energia – molto efficaci nel 2022 contro la povertà - e la sostituzione del Reddito di cittadinanza con l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro.

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