Scenari metropolitani

C'è un'alternativa alla fuga dalle città: prendersene cura

Mariarosaria Marchesano

Architetti e urbanisti da tutto il mondo, sindaci e imprenditori: tante idee per il festival torinese di Utopian Hours (in programma dal 13 al 15 ottobre). Parla il direttore Luca Ballarini

Le città sono luoghi da cui fuggire? Dopo il Covid, complici il lavoro da remoto e gli effetti del cambiamento climatico, ci siamo un po’ abituati a questa narrazione, senza riflettere abbastanza sul fatto che le città sono una grande conquista dell’uomo e che alla fuga esiste un’alternativa: prendersene cura. “E poi questa narrazione non può convincere fino in fondo chi è metropolitano dentro e anche quando è in campagna, al mare, sul lago, va alla ricerca dello stesso stile di vita”, dice al Foglio Luca Ballarini, fondatore e direttore di Stratosferica e co-direttore di Utopian Hours, il festival internazionale delle città giunto alla settima edizione (in programma dal 13 al 15 ottobre a La Centrale - Nuvola Lavazza di Torino). 

“Quest’anno – spiega Ballarini – lanciamo un manifesto per un nuovo ‘city making’,  vale a dire un nuovo modo di concepire l’evoluzione urbana e come sempre ci aiuteranno esperti di architettura e urbanistica provenienti da tutto il mondo, ma, attenzione, non vogliamo che il dibattito sulle città resti all’interno di categorie professionali. Perciò abbiamo invitato imprenditori, urban designer, visionari, attivisti, pensando di coinvolgere anche cittadini e studenti che devono poter partecipare alla nascita e alla formazione di idee e progetti. Si parlerà anche di intelligenza artificiale con Urban Ai, il primo think tank che indaga l’interazione tra le nuove tecnologie e lo sviluppo urbano”.  

New York, la città delle città, ha dichiarato guerra allo spopolamento post Covid per riportare energie fresche, i giovani, e si moltiplicano le iniziative di grandi capitali per preservare la qualità dell’ambiente, rendere i centri urbani più vivibili, costruire spazi verdi e di condivisione. Insomma, il festival torinese punta a contrastare l’idea di fuga che si sta facendo largo soprattutto in alcune fasce della popolazione, giovani e borghesia. “Per come la vedo io, questo rischia di essere un passo indietro – prosegue Ballarini – L’evoluzione della specie umana è inestricabilmente legata a quella delle città, le quali rappresentano il prodotto più importante della coscienza e dell’azione dell’uomo. E Utopian Hours rappresenta proprio il luogo e il momento ideale in cui grandi menti si riuniscono per spingere il nostro pensiero verso il futuro, con coraggio e responsabilità”. 

Quella che bisognerebbe superare è una macroscopica contraddizione: oggi oltre il 50 per cento della popolazione mondiale vive in centri urbani e in futuro si arriverà a superare il 70 per cento. Nel 2028 Nuova Delhi diventerà la megalopoli più popolata del mondo. Ma è proprio questo il punto, la crescita quantitativa non sta andando di pari passo con la qualità della vita. E quando, soprattutto in occidente, le persone hanno scoperto di colpo di poter lavorare a distanza senza peggiorare i risultati, si è aperto un mondo di possibilità alternative. “Per questo pensiamo sia importante riconciliarsi con la città attraverso anche la riscoperta dell’attivismo civico e dell’educazione urbana – dice Ballarini – E se le città sono il posto dove l’umanità è destinata a vivere, come è possibile che ci sia una così scarsa consapevolezza? Occorre un’azione di miglioramento della qualità della vita nelle metropoli che superi l’attuale modello che oscilla tra lasciare campo libero a investitori privati e un pressante controllo pubblico in nome del bene comune. Penso che in mezzo ci sia tanto spazio per sperimentare modelli nuovi coinvolgendo soggetti privati che dedicano la massima attenzione al tema della sostenibilità e sono disponibili a collaborare con le istituzioni locali”. 

Le tre giornate del festival saranno anche l’occasione per conoscere da vicino alcuni casi studio internazionali di “meanwhile placemaking”, ovvero il riutilizzo temporaneo di spazi urbani attraverso il coinvolgimento delle comunità. Petra Marko, architetta e stratega urbana, terrà un keynote e un workshop sulle regole chiave da seguire per avviare un progetto di trasformazione a basso impatto ambientale e grande ricaduta in termini di coesione sociale. Un intervento rivolto ai placemaker di domani ma anche ad amministratori, tecnici, funzionari e policy maker. Juval Dieziger racconterà la straordinaria genesi di Holzmarkt, un villaggio urbano contemporaneo costruito in centro a Berlino, lungo la Sprea, che offre un’ alternativa ai progetti immobiliari promossi dagli sviluppatori. Da Parigi invece spazio all’ecologia urbana e alla creatività dei terzi luoghi con Sinny&Ooko, tra le organizzazioni di riferimento in tutto il mondo nel campo della rivitalizzazione urbana. Tra gli oltre 30 speaker internazionali anche due nomi importanti dal mondo della ricerca. Admir Masic, professore al Mit di Boston, svelerà la sua invenzione frutto di anni di ricerca: un calcestruzzo autorigenerante che si ispira alle tecniche costruttive degli antichi romani. E Pablo Sendra (Bartlett School of Planning dell’University College di Londra) svilupperà una riflessione sul concetto di “città aperta” ispirato dal suo lavoro con il sociologo Richard Sennett.

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