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Il retroscena

Cosa ci dice sul futuro di Gedi la separazione definitiva tra Espresso e Rep.

Stefano Cingolani

Dopo le cessioni di tutti i quotidiani veneti in molti si chiedono quale sia il piano editoriale di Elkann? Massima diversificazione, ricerca di un’identità e qualche guaio

Ha un sapore rivoluzionario la frase con la quale il direttore Alessandro Mauro Rossi ha presentato la novità, quanto meno da rivoluzione populista come quella di Pancho Villa: “Que viva l’Espresso”. Ricorda il ¡Que viva México! il film incompiuto di Sergej Eisenstein o forse quello più recente su Netflix dedicato in realtà ai narcos? In un caso o nell’altro si chiude così l’annuncio che l’iconico periodico fondato nel 1955 da Arrigo Benedetti ed Eugenio Scalfari, non sarà più allegato ogni domenica alla Repubblica, ma navigherà da solo in edicola (al prezzo di 4 euro) ogni venerdì a cominciare da oggi. Si spezza l’ultimo filo sottile che legava il settimanale al quotidiano, si chiude davvero un’epoca dell’informazione italiana. La Repubblica sposta a domenica Robinson pensando di colmare il vuoto e celebra “L’eredità culturale di Eugenio Scalfari”. Sembra quasi un’ironia di cattivo gusto. l’Espresso è stato il padre e  Repubblica sua figlia, adesso le loro strade si separano.

Tutto prima o poi finisce, ma perché così? Come mai quello che era diventato il gruppo editoriale più dinamico, il giornalismo dal buco della serratura (definizione scalfariana) che aveva sfidato (e vinto) il giornalismo in grisaglia del Corriere della Sera, ha visto cadere come foglie d’autunno le sue pagine? Rispondere ci porta lontano, in un passato difficile dopo la resa di Carlo De Benedetti e in un futuro nient’affatto chiaro che riguarda le scelte della Exor di John Elkann. L’Ingegnere ha lasciato in rotta con i figli che avevano preso in mano quel che resta di uno dei maggiori gruppi industriali italiani ai tempi della Olivetti, della battaglia con Silvio Berlusconi per la Mondadori, della scalata alla finanza europea. I primi due anni della gestione Elkann sono stati difficili con perdite consistenti, finché nel 2022 è tornato l’utile. Il risultato netto è stato positivo per 2 milioni di euro a fronte di una perdita di 50 milioni nel 2021. L’ultimo anno in utile era il 2016. I ricavi sono stati pari a 490 milioni (-6 per cento). Alleggerirsi ha funzionato? L’Espresso è stato venduto a Bfc Media, la società controllata al 51 per cento da Danilo Iervolino, detto Mister Miliardo da quando nel 2019 ha venduto al fondo Cvc l’università a distanza Pegaso, e da Donato Ammaturo, imprenditore nel campo dell’energia, per il restante 49 per cento.

La Gedi ha ceduto tutti i quotidiani veneti, con una plusvalenza di dieci milioni di euro. Il Mattino di Padova, la Tribuna di Treviso, la Nuova di Venezia e Mestre, il Corriere delle Alpi, il Messaggero Veneto, il Piccolo di Trieste e la testata online Nordest Economia, sono passati lo scorso agosto a Nord Est Multimedia, una società promossa dalla Finint di Enrico Marchi e partecipata da numerose delle principali famiglie imprenditoriali del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Il Tirreno di Livorno, la Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio, la Nuova Ferrara e la Nuova Sardegna sono dal 2020 dell’imprenditore abruzzese Alberto Leonardis. 

In molti si chiedono quale sia il piano editoriale di Elkann: cedere anche quel che resta, a cominciare dalla Repubblica, come temono i giornalisti? Il gruppo Exor ha registrato al 30 giugno utili pari a 2,1 miliardi di euro, tuttavia provengono soprattutto da auto (Stellantis e Ferrari che da sola vale in Borsa un terzo dell’intero gruppo) più i trattori (Cnh): insomma, tirano i settori più tradizionali, quelli che sostenevano anche la Ifi, la holding di Gianni e Umberto Agnelli. Va male la Juventus (in rosso per 600 milioni di euro, si cercano soci di minoranza per evitare di vendere la squadra), stentano anche le scarpette dalla suola rossa di Louboutin che tanto piacciono a Lavinia Borromeo (hanno dimezzato il loro apporto da 17 a 8 milioni di euro). Dunque, la strategia della massima diversificazione presentata come la grande svolta rispetto al passato, batte il passo.

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