la strategia

La ricetta dell'ex ministro dell'Economia Franco per diventare competitivi nella farmaceutica

Mariarosaria Marchesano

Ospite a Cernobbio, l'ex titolare del Mef ai tempi del governo Draghi ha spiegato come il settore della salute sia strategico per la crescita dell'Italia. La concorrenza, però, ormai non viene più solo dai paesi europei

Mancano poche settimane alla scelta del nuovo presidente della Banca europea degli investimenti (Bei) e quella di Daniele Franco è la candidatura italiana benedetta dal governo Meloni. La strada non è priva di ostacoli visto che all’ambìta poltrona puntano anche altri paesi europei, soprattutto la Spagna, che ha messo in campo la vice premier Nadia Calviño. Nell’attesa, l’ex ministro dell’Economia del governo Draghi si mostra tranquillo e fiducioso e non manca all’appuntamento di Cernobbio a cui si è presentato nell’insolita veste di testimone di un rapporto sul futuro del settore farmaceutico, che è strategico per la crescita dell’Italia ma non sempretenuto, ha ammonito, nella dovuta considerazione nelle politiche pubbliche.

 

Seduto accanto ai big dell’industria, ha spiegato che in tutti i paesi sviluppati il settore della salute è tra i più importanti e dinamici perché attraversato “da una grande ondata di innovazione nelle terapie e nelle modalità di cura”. Per Franco “l’Italia deve definire una strategia di medio-lungo periodo, che miri a fornire servizi di alta qualità agli utenti e a posizionare la ricerca e la filiera industriale sugli standard internazionali più avanzati”.  Per fare questo “il miglioramento dell’assetto regolamentare è cruciale per facilitare l’innovazione nelle cure, potenziare la ricerca, attrarre gli investimenti esteri e sostenere i processi di crescita delle imprese italiane”. 

 

Insomma, si dovrebbe trovare un modo per uscire da una contraddizione paradossale: l’Italia è prima in Europa nella produzione farmaceutica, con un fatturato che ha raggiunto 49 miliardi all’anno, pari al 2 per cento circa del pil, e una qualità sopra la media, però poi fa più fatica rispetto ad altri paesi ad attrarre investimenti dall’estero. E considerando, come stima il rapporto presentato a Cernobbio, che nei prossimi cinque anni è previsto a livello globale un flusso d’investimenti in ricerca e sviluppo per 1.600 miliardi di dollari, questo può diventare uno svantaggio competitivo per l’Italia rispetto, per esempio, a Francia e Germania che stanno investendo in modo massiccio in tecnologie e innovazione.

 

Le politiche pubbliche evocate da Franco c’entrano perché, come ammette di avere sperimentato lui stesso quand’era ministro, questo settore va incentivato con vari strumenti, contratti per lo sviluppo e per l’innovazione, solo per fare qualche esempio, e andrebbero anche semplificati quei faticosi iter di approvazione di nuovi farmaci e terapie che spesso vedono in sovrapposizione l’authority nazionale con quella internazionale (Aifa ed Ema). 

 

“Ma la concorrenza non viene solo dai paesi europei – puntualizza al Foglio Marcello Cattani, presidente di Farmindustria – Cina, India, Emirati, Arabia Saudita, Singapore stanno diventando molto aggressivi, alcuni di loro hanno stanziato contributi a fondo perduto per gli operatori del settore che da noi non sono ovviamente possibili perché sarebbero aiuti di stato”. Cattani si dice comunque fiducioso che il tavolo avviato con i ministri delle imprese, Adolfo Urso, e della Salute, Orazio Schillaci, possa al più presto portare a formulare proposte concrete e in tempi brevi per “vincere la competizione globale”.

 

Quello che, in buona sostanza bisognerebbe fare, è convincere chi investe grandi capitali nel settore farmaceutico che in Italia non solo trova uno dei più grandi poli mondiali, con filiere produttive di alta qualità, ma anche le condizioni ideali per la crescita. Del resto, fa notare il rapporto di cui Franco si è fatto portavoce, anche se Francia, Spagna, Regno Unito e Germania, hanno messo in campo strategie e interventi molto differenti tra loro, questi paesi sono accomunati da un forte commitment da parte del governo, da una strategia di collaborazione tra pubblico e privato e da una programmazione di medio-lungo periodo. Le raccomandazioni? Franco non ha dubbi: rafforzamento del sistema sanitario nazionale, potenziamento del polo produttivo nell’innovazione ed elaborazione di una strategia nazionale nella Life Sciences che oggi non c’è. In attesa della Bei questa è la sua ricetta.

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