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PREZZI E INGORDIGIA

L'inflazione “da profitti” non esiste: è un castello ideologico costruito su dati malcompresi

Guido Ascari e Riccardo Trezzi

La poca chiarezza nel dibattito pubblico sulle cause degli aumenti dei prezzi nasce da una confusione generale tra correlazione e causalità 

Da diverse settimane nel dibattito pubblico si è radicata l’idea che l’inflazione in Italia sia stata, citiamo, “causata dai profitti delle imprese”. Secondo tale visione, l’incremento dei prezzi sarebbe il risultato di una maggiore ingordigia aziendale. In questo intervento spieghiamo perché la teoria economica e l’evidenza empirica suggeriscono che non ha senso parlare di inflazione “da profitti”

 

Se si chiede a un imprenditore come si stabilisce il prezzo di un bene, si ottiene questa risposta: “Calcoliamo il costo di produzione e applichiamo un margine di profitto”. Per questo, nei libri di macroeconomia è assunto che il prezzo di un bene sia dato da un margine di profitto (“markup”) sopra il costo di produzione. Il prodotto tra il markup e il costo unitario è chiamato profitto unitario poiché esprime il profitto per unità di prodotto. Dovrebbe essere immediatamente chiaro che i profitti unitari nominali aumentano non solo quando aumenta il markup, cioè i margini di profitto, ma anche quando aumenta il costo unitario di produzione.

 

Un esempio aiuta a capire. Si assuma che il costo di produzione di un bene sia 100 e che il margine di guadagno aziendale sia il 10 per cento. Quindi, il prezzo finale del bene è 110. Si assuma ora di avere uno choc che raddoppia i costi di produzione (da 100 a 200) e che il markup rimanga invariato. Il nuovo prezzo salirà a 220. In questa economia sono raddoppiati il prezzo del bene e il profitto unitario nominale (da 10 a 20), mentre il profitto unitario reale (ovvero al netto dell’inflazione) è rimasto costante come il margine di profitto dell’impresa. Questo esempio aiuta a capire che l’aumento del prezzo non è dovuto all’aumento del profitto unitario reale, ma che prezzo e profitto unitario nominale sono raddoppiati a seguito di uno choc al costo di produzione. L’esempio aiuta anche a capire che l’inflazione è aumentata nonostante il margine di profitto reale dell’impresa sia rimasto costante. 

 

Cosa succede ai salari reali, ossia al costo del lavoro al netto della produttività, dipende dall’andamento dei salari nominali, ossia quanto dell’aumento del costo di produzione è dovuto all’energia e quanto ai salari. Chiarire questo punto è cruciale poiché il meccanismo appena esemplificato descrive bene quanto successo in Italia negli ultimi due anni

 

La confusione nel dibattito generalmente si fonda sul fatto che in rete è circolato un grafico che mostra l’andamento del deflatore (una misura di inflazione) del prodotto interno lordo nei suoi contributi, tra cui il profitto unitario. E’ importante sottolineare che questa è una decomposizione contabile: il deflatore del pil per definizione può essere scomposto in salari e profitti (più altre cose minori). Non dovrebbe sorprendere che il grafico mostri un aumento del deflatore e un pari incremento del profitto unitario. Tale correlazione non è interpretabile come causale, ma solo come una pura identità contabile poiché i profitti unitari dipendono dal prezzo applicato. In ogni caso, uno studio di tre economisti della Banca d’Italia (Fabrizio Colonna, Roberto Torrini ed Eliana Viviano) mostra in modo convincente che il markup delle aziende italiane non si è mosso e che, quindi, l’aumento dei profitti nominali unitari è imputabile ai maggiori costi di produzione e non a una maggiore ingordigia delle imprese. I dati dell’ultimo Employment outlook dell’Ocse, peraltro, ci dicono che in Italia tra l’ultimo trimestre del 2019 e il primo del 2023 i costi del lavoro sono aumentati del 10 per cento e i profitti unitari dell’11 per cento.

 

Confondere una correlazione per nesso causale è un errore fatale per un economista. Sorprende che su una banale identità di contabilità nazionale si sia costruito un castello ideologico e che a farlo siano stati in molti. Le imprese non sono ingorde, massimizzano i profitti date le condizioni della domanda. Dal canto nostro speriamo di aver chiarito ogni dubbio sul fatto che “l’inflazione da profitti” non esiste nella logica economica, oltre a non esistere nei dati italiani.

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