Maurizio Landini (LaPresse)

Editoriali

Sul salario minimo l'opposizione sbaglia nel merito e nel metodo: si guardi alla Germania

Redazione

Il dibattito sui compensi non deve diventare una gara populista a chi offre di più. Il modello a cui guardare è quello tedesco: non per la cifra appena fissata (12 euro), ma per l’adozione di una commissione con procedure trasparenti

Mentre in Italia si discute una legge sul salario minimo e le opposizioni cercano un’intesa comune sulla soglia dei 9 euro l’ora, in Germania si litiga per l’entità dell’aumento. La Commmissione sul salario minimo ha infatti raccomandato un aumento dagli attuali 12 euro (lordi) a 12,41 euro nel 2024 e 12,82 euro nel 2025. La soglia era stata da poco, lo scorso ottobre 2022, aumentata dal governo da 10,45 a 12 euro l’ora. Ma per i sindacati, che avevano proposto 13,50 euro, l’aumento di 41 centesimi (3,4 per cento) è del tutto insufficiente per compensare l’inflazione. Pertanto la proposta è passata a maggioranza, con il voto dei tecnici e dei rappresentanti dei datori di lavoro. È molto probabile che la Germania con oltre 12 euro l’ora verrà usata in Italia dalle opposizioni come modello per giustificare la bontà di un salario minimo da 9 euro l’ora. Ma in realtà il modello tedesco dimostra proprio l’opposto: i limiti delle proposte del M5s, del Pd e di Azione (che pare convergere con gli altri due partiti).

 

Che sono sia di merito che di metodo. Innanzitutto, i 12,42 euro l’ora in Germania rappresentano il 58 per cento del salario mediano (il valore a metà della distribuzione), ovvero al di sotto della soglia del 60 per cento indicata dalla direttiva europea. I 9 euro l’ora del M5s e i 9,5 del Pd, invece, rappresentano il 75-80 per cento della mediana in Italia, portando il salario minimo italiano ai livelli più alti al mondo. Ma, soprattutto, c’è un problema di metodo: in Germania il livello del salario minimo non è fissato per legge dal Parlamento, in una gara populista a chi offre di più. Ma la sua indicazione è affidata a una commissione, composta da datori di lavoro, sindacati e membri scientifici che cerca – anche con dissidi come in questo caso  – di adottare procedure tecniche trasparenti, che puntino a salvaguardare i lavoratori poveri evitando però contraccolpi sia sulla contrattazione collettiva sia sulla competitività delle imprese.

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