Giorgia Meloni (Lapresse)

Editoriali

Il flop della tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche

Redazione

Gettito sotto le attese (-8,2 miliardi), ma le cose potrebbero andare ancora peggio se i ricorsi delle aziende andassero a buon fine. Gli errori di Draghi, i problemi di Meloni

La tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche, introdotta nel 2022 dal governo Draghi, è stata un flop. Lo certifica il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, rispondendo a un’interrogazione del leader dei Verdi, Angelo Bonelli: degli 11 miliardi di euro di gettito atteso, nelle casse pubbliche ne sono entrati solo 2,8 (di cui più di uno dalla sola Eni). È improbabile che le inadempienze abbiano avuto un ruolo particolarmente importante, viste le salatissime sanzioni che erano state introdotte per scoraggiare i furbetti. Quindi, a bocce ferme, si possono trarre due conclusioni: in primo luogo, il gettito era stato ampiamente sovrastimato; secondariamente, le cose potrebbero andare ancora peggio se i ricorsi delle imprese – che fin da subito hanno denunciato l’incostituzionalità del tributo – andassero a buon fine. Il problema non sta nel principio rivendicato dall’ex presidente del Consiglio, che aveva chiamato le aziende che avevano goduto dei rincari dell’energia a fare la propria parte.

 

Il problema sta interamente nel disegno dell’imposta e, sul piano procedurale, nell’indifferenza mostrata dall’esecutivo verso tutte le osservazioni giunte dalle associazioni di categoria e dagli esperti. Questa vicenda rischia, però, di creare un problema a Giorgia Meloni, la quale deve a questo punto fare i conti con un buco di più di otto miliardi. Né è pensabile che la premier trovi il modo di riproporre il balzello sotto altra forma: infatti, nella legge di bilancio per il 2023 è già presente una ulteriore imposta sul comparto energetico, che istituisce una addizionale Ires del 50 per cento sugli utili eccedenti di una certa soglia la media degli anni precedenti. Diventa, dunque, ancora più importante mantenere la politica di Bilancio prudente e responsabile che Palazzo Chigi ha rivendicato e che deve farsi, semmai, ancora più attenta. Ma diventa anche importante trarre una lezione dall’esperienza: tirare dritti senza ascoltare nessuno non è quasi mai una condotta saggia.

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