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Vita, morte, Inps

I giovani che protestano contro le riforme si fanno rubare il futuro dai vecchi

Manuel Peruzzo

I trentenni di oggi andranno in pensione a 71 anni, forse. E viene in mente quel meraviglioso Pannella in comizio nel 1987. Il lavoro nobilita l'uomo ma il tempo libero scompare

L’ultima tragedia è una lettera dalla Svizzera. Mia nonna, che a 97 anni sopravvive perché è fatta di un mix di ansia, odio e carbonio, me la legge schizzando per la stanza come fosse una sentenza di morte. Da Zurigo le chiedono i documenti aggiornati. Crede le vogliano levare la pensione. E’ finita? La persona che più di chiunque al mondo ama ricevere la pensione è anche quella che vedendo i giovani francesi protestare contro l’innalzamento dell’età pensionabile ha urlato: sono pazzi? Non hanno voglia di lavorare!

Il primo choc è suo che non contempla che la gente desideri maggiore tempo libero, lavorare meno, lavorare tutti. Lei è andata in pensione presto, dopo anni di tessitura che l’hanno resa sorda, ma si è rimessa a lavorare in tutti i modi possibili. Tempo libero per far che? L’unico tempo non sprecato per lei è quello produttivo: lavorare tanto, lavorare tutti. La vecchia Lombardia è la nuova Cina.  

Il secondo choc è mio. Perché se è vero che in una protesta c’è la sintesi delle istanze frullate, dal tradizionale odio di sinistra per il presidenzialismo al godimento nello spaccar vetrine, rimane il fatto che da mesi si combatte contro una norma impopolare ma di buon senso. E che questi venti-trentenni che la pensione non la vedranno mai si stanno facendo rubare il futuro dai vecchi. Lo stesso vale per l’Italia. Quando mia nonna parte con “ci sono troppi immigrati, chi paga?”, io le dico: “Ci sono troppi novantenni vivi, chi paga?, lei s’incazza e mi dice: ‘Mi vuoi morta?’”.

Ogni volta che va alle Poste si sente una miracolata e una ladra, ma si giustifica “ho lavorato una vita”. Solo che nessuno poteva sapere che avrebbe vissuto una vita più lunga da pensionata. Non è la sola.  Tra il 17,6  e il 18,5 per cento del pil negli ultimi tre anni è andato in pensioni, quasi un quinto del prodotto interno lordo (alla Francia non va meglio: 14,8 per cento del pil francese). Se nel 1970 un uomo viveva mediamente 16,7 anni dopo la pensione, oggi ne vive 23 (e una donna 26, la metà dei quali passati a ripetere che morirà presto). Calano le nascite, aumenta l’aspettativa di vita. Vi serve un disegno, francesini? Oggi l’età di pensionamento è di 67 anni, ma l’età effettiva di pensionamento è di 63 anni secondo i dati Inps. Nel breve futuro tutti i paesi che invecchiano, e con uno stato previdenziale da salvare, dovranno decidere se alzare l’età pensionabile. Persino Salvini ha riorganizzato le sue priorità ed è sul punto d’indossare una maglietta con la faccia di Elsa Fornero. I trentenni di oggi andranno in pensione a 71 anni, forse. E viene in mente quel meraviglioso Pannella in comizio nel 1987 che dice che la pensione a 50 anni è una coglionata, che dobbiamo rivendicare il diritto al tempo libero e il diritto al lavoro in un ambiente diverso, che a settant’anni si è giovani se si vuole. Ci si può amare, fare carezze, sorridere. E non conosceva la novantasettenne immortale.

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