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la politica economica

Il governo smascherato dal Def: dure lezioni di realtà su migranti e pensioni

Stefano Cingolani

Per rendere sostenibile il sistema pensionistico, ci vogliono 300 mila nuovi immigrati ogni anno. La destra scopre che l’Italia può avere futuro solo archiviando il proprio populismo

Il governo Meloni, quello che dovrebbe rovesciare la nazione come un calzino (made in Italy naturalmente), era partito di gran carriera. Fratelli d’Italia aveva attinto all’armamentario della destra sociale (“pensioni minime a mille euro al mese” conquistando anche un pensionato di lusso come Silvio Berlusconi), mentre la Lega aveva promesso che riducendo (o meglio ancora eliminando) il Reddito di cittadinanza avrebbe garantito meno tasse per le partite Iva e più pensioni: Quota 101 riprendendo la rotta verso quella quota 100 introdotta nel 2019 che, secondo le stime dell’Inps, ha un costo di almeno 23 miliardi di euro. Ma sfogliando le pagine del Documento di economia e finanza si scopre che non è fatto per la margherita dell’amore. Ogni petalo sembra amaro come il fiele. Si era capito subito che non è aria di riforma delle pensioni e che il taglio al cuneo fiscale è poca cosa anche se si aggiunge la ricaduta del bilancio 2022. 

E’ stato chiamato tesoretto, ma tra l’uno e l’altro si tratta di un beneficio di 5,14 miliardi di euro su base annua come ha calcolato il viceministro Maurizio Leo sul Corriere della Sera. Adesso salta fuori che non c’è nulla nemmeno per le “pantere grigie”. La pensione di vecchiaia continuerà ad arrivare a 67 anni. Chiamiamola pure la rivincita della legge Fornero che da oltre dieci anni ormai Matteo Salvini promette di seppellire, ma i conti parlano chiaro. Il governo per ora ha stanziato 2,2 miliardi di euro grazie ai quali dovrebbe essere confermata nel 2024 la stessa quota di quest’anno (cioè 60 anni di età e 43 anni di contributi). Intanto l’inflazione ha innescato una bomba a orologeria. Soltanto l’adeguamento ai prezzi porta automaticamente la spesa pubblica a 50 miliardi di qui al 2025, mentre l’invecchiamento della popolazione prevede un continuo aumento dei pensionati. Nel 2022 sono stati spesi 297 miliardi di euro, saliti a 318 quest’anno. Il Def calcola che saranno 341 mila e rotti nel 2024 con una spesa rispetto al prodotto lordo che continua a salire fino al 17 per cento nel 2040 (più degli altri paesi avanzati). La Ragioneria dello stato ha stimato che l’effetto combinato di inflazione e invecchiamento pesa mezzo punto di pil. 

Per questa curva, determinata dall’evoluzione demografica, c’è un solo rimedio: aumentare la popolazione lavorativa. Come? Più donne innanzitutto e più giovani, tuttavia di giovani ce ne sono comunque troppo pochi. Che fare? La destra sociale ha una ricetta: mettere al mondo più figli. E Giorgia Meloni ha annunciato che a fine anno, cioè con la prossima legge di Bilancio, ci saranno misure concrete per accrescere la prole. Vedremo, soprattutto bisogna capire da dove saranno prese le risorse, tuttavia il capo del governo ha ragione. Nel “paese più bello del mondo” di questo passo cresceranno i rovi non i limoni. Salvo un piccolo dettaglio: prima che i nuovi nati possano entrare nel mercato del lavoro passeranno due decenni, dunque quella curva delle pensioni continuerà imperterrita a salire. 

C’è un’altra possibilità che emerge dai calcoli della Ragioneria: l’aumento dei lavoratori provenienti dall’estero. Per rendere sostenibile il sistema pensionistico, ci vogliono 300 mila nuovi immigrati ogni anno. Per migliorare la situazione ce ne vogliono molti di più. “Mezzo milione” si era lasciato sfuggire Francesco Lollobrigida, subito azzittito. Il Def, però, gli dà ragione, eccome. Lo ha sottolineato ieri la Stampa. L’arrivo di lavoratori stranieri potrebbe ridurre il rapporto tra debito e prodotto lordo addirittura di 30 punti percentuali. Calcoli mirabolanti, ma leggiamo cosa scrive il ministero dell’Economia: “Data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l’effetto è significativo sulla popolazione residente e quindi sull’offerta di lavoro”. Il 2008 è l’ultimo anno in cui i nati hanno superato i morti. Nel 2022 ci sono state sette culle ogni mille abitanti e dodici bare. L’equazione simulata dai tecnici è eloquente: con 33 per cento di immigrati in più, ci sarà il 30 per cento di debito in meno, con il 33 per cento di immigrati in meno il debito sale addirittura del 60 per cento. Come la mettiamo con “prima gli italiani” quando gli italiani non ci sono o non vanno a lavorare? E la “sostituzione etnica” cavallo di battaglia di “Yo soy Giorgia” al raduno di Vox a Madrid nell’ottobre 2021? Lasciamo perdere la razza, concetto scientificamente infondato, e diciamo pure viva la sostituzione sul lavoro, benvenuta per i liberali, inevitabile anche per i conservatori.

 

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