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L'intervento

Così le piccole imprese possono aiutare il governo ad attuare il Pnrr

Otello Gregorini

I progetti devono accompagnarsi a misure e riforme per rimuovere alcune storiche criticità che penalizzano la competitività di un pezzo fondamentale dell’Italia

L’emergenza pandemica e poi la guerra in Ucraina hanno imposto misure emergenziali per contrastarne gli effetti devastanti sul sistema economico. La sequenza di crisi di natura diversa ha ribaltato il paradigma: la normalità è diventata un breve intervallo tra fasi straordinarie obbligando istituzioni, imprese e cittadini a sviluppare particolari capacità di adattamento e flessibilità. La stessa normalità è diventata mutevole, ogni crisi modifica contesti e riferimenti politici ed economici. A rendere l’equazione ancor più complicata intervengono l’intensità e la durata delle crisi che incidono sulle traiettorie di medio e lungo termine. Questa premessa serve per evidenziare alcune variabili che richiedono attenzione e capacità di risposta. Nell’ottica delle piccole imprese l’exit strategy deve essere accompagnata da misure e riforme per rimuovere alcune storiche criticità che penalizzano la competitività di un pezzo fondamentale dell’Italia. Interventi da disegnare sulle specificità delle piccole imprese, non il contrario. Una necessaria discontinuità sulla quale ri-costruire capacità di programmazione politica ed economica.

 

Costo del denaro, bollette, fisco e Pnrr sono gli ambiti sui quali misurare il ruolo delle piccole imprese. L’impennata dell’inflazione ha impresso un’inversione a 180 gradi della politica monetaria della Bce. I tassi interesse sono lievitati di 4 volte in meno di un anno evidenziando la storica difficoltà di accesso al credito per le piccole imprese. Le ultime rilevazioni da parte di Banca d’Italia mostrano che il livello dei tassi sugli affidamenti alle imprese è omogeneo a livello territoriale mentre è squilibrato per classe dimensionale. Dal Veneto alla Sicilia il costo del denaro per una piccola impresa per esigenze di liquidità è quasi tre volte superiore a quello delle grandi imprese. Il flusso annuale di nuovi prestiti deteriorati è superiore nella classe oltre 500mila euro rispetto a quella fino a 125mila euro che racchiude la piccola impresa. In molte regioni del Sud sull’ammontare dei crediti deteriorati è molto rilevante il peso della pubblica amministrazione con flussi che superano spesso il 10% rispetto a valori del 2-2,5% delle imprese. Non è più rinviabile una nuova politica creditizia che consenta alla platea delle Pmi di trovare un partner nel sistema finanziario e non un ostacolo. Il tema bollette rappresenta un altro terreno dove l’uscita dalle misure emergenziali ripropone vecchi squilibri. L’ultimo decreto del governo sugli aiuti contro il caro-energia riduce in modo rilevante l’intensità dei sussidi in particolare sulle micro e piccole imprese. Il ripristino degli oneri di sistema sull’energia elettrica azzera il beneficio del credito d’imposta, peraltro ridotto, e riporta a una condizione nella quale la piccola impresa sopporta un prezzo dell’energia quattro volte più alto della grande impresa. Una riforma strutturale della bolletta è più che mai all’ordine del giorno.

 

Proprio la crisi energetica ha mostrato i limiti del concetto di impresa energivora, suggerendo di adottare la definizione di impresa ad alta intensità di spesa energetica. Anche la riforma del fisco e il riordino del sistema degli incentivi alle imprese devono riflettere la realtà della struttura economica, eliminando fastidiose e dannose iniquità, premiando il potenziale di sviluppo delle imprese. Sul capitolo Pnrr sta prevalendo l’ossessione sui possibili ritardi con il serio rischio di adattare il piano in funzione degli investimenti che assicurano tempi compatibili rispetto a opere magari più importanti. Solo per realizzare le opere indicate nel Pnrr, l’amministrazione pubblica nelle sue varie articolazioni dovrebbe triplicare la capacità di spesa annuale per investimenti da 20 a 60 miliardi. Coinvolgere il mercato e in particolare le piccole imprese segnerebbe un salto di qualità, l’affermazione del principio di sussidiarietà che le società occidentali non possono più ignorare. Rimodulare in parte il piano offre l’opportunità, ad esempio, di destinare risorse a progetti come incentivare piccoli impianti per l’autoproduzione di energia sfruttando i capannoni delle PMI. Una proposta della Cna che consente di ridurre il costo della bolletta, tagliare le emissioni ed i consumi di gas senza consumare territorio. Questi riferimenti saranno il termometro circa l’attenzione verso le piccole imprese: protagoniste della modernizzazione del paese o ancora terminale sul quale scaricare inefficienze e iniquità del sistema. Il nuovo codice degli appalti è un segnale positivo, ora occorre mantenere la rotta.

 

Otello Gregorini è segretario generale Cna.

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