Foto di Angelo Carconi, via Ansa 

Editoriali

Speriamo che nessuno a Berlino legga le astruserie sovraniste su debito e Pnrr

Redazione

Il patriottico tafazzismo sul Recovery rischia di pesare sulla reputazione del paese. E tagliare i progetti significherebbe comunque doverli portare avanti con altri soldi. Ovvero indebitarsi ancora

Tocca sperare che in Germania, in Austria o in Olanda siano distratti da questioni interne: che nessuno, lassù tra i nordici frugali, legga le dichiarazioni dei dirigenti del centrodestra di questi giorni, quelle per cui “i prestiti del Pnrr sono troppi, rischiamo di non spenderli, dunque meglio restituirli”. Bisogna auspicare che non le leggano, si diceva, perché altrimenti i teorici del rigore troverebbero la conferma delle loro storiche convinzioni: che è inutile, anzi dannoso, allentare i vincoli di bilancio, concedere spazio fiscale ai paesi mediterranei, perché tanto non saprebbero che farci, e anzi andrebbero ad appesantire il loro debito pubblico. Ah, questi italiani: per decenni a chiedere eurobond, mutualizzazione del debito, tutto un rosario di lamentele sull’Europa poco espansiva, poco keynesiana, e poi al dunque, quando la svolta arriva davvero, quando i soldi di tutti gli europei vengono concessi a Roma, Roma vuole rimandarli indietro perché non sa che farci. 

Ma bisogna sperare che queste lagnanze sovraniste non valichino i confini nazionali perché altrimenti a Bruxelles finirebbero col pensare che nessuno, in Italia, ha letto il Pnrr italiano. Molti di quei loans che ora si dice essere “in eccesso”, molti di quei prestiti a cui gli economisti patrioti vorrebbero rinunciare “per non appesantire il debito pubblico”, sono in realtà stanziati per finanziare dei progetti alquanto onerosi – solo il Superbonus e Transizione 4.0, per stare ai più importanti, valgono 13 miliardi ciascuno – che, se non venissero sostenuti dai prestiti del Next Generation Eu, dovrebbero essere sovvenzionati da risorse italiane. Che l’Italia, cioè, dovrebbe reperire sul mercato, indebitandosi. E indebitandosi, qui sta il paradosso delle lamentele di Lega e FdI, a tassi assai maggiori rispetto a quelli che caratterizzano i prestiti concessi col Recovery.

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