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L'INTERVISTA

La stretta monetaria comincia a farsi sentire sulle imprese

Mariarosaria Marchesano

Banche solide in Europa, ma il credit crunch è il prezzo che si paga per la lotta all’inflazione. Parla il banchiere Roberto Nicastro

Per Roberto Nicastro, banchiere di lungo corso – dopo avere gestito, tra il 2015 e il 2017, il primo caso di bail-in in Europa, con la risoluzione delle quattro banche del centro Italia, Etruria, Marche, Ferrara e Chieti, ha fondato la banca fintech AideXa insieme con Francesco Sforza e altri – non si pone, per adesso, in Europa un problema di stabilità finanziaria. E la Bce, che lo sa bene, proprio per questo motivo aumenterà ancora i tassi nella prossima riunione del 4 maggio, contrariamente alla Fed, da cui i mercati ora si attendono che inizi la discesa. “Qui in Europa le banche sono più solide che in passato – dice in un colloquio con il Foglio – e lo dimostra il fatto che il recente ritorno di turbolenze sulle Borse per il precipitare della crisi della banca americana First Republic ha solo di poco scalfito i guadagni che i titoli del credito europei hanno registrato da inizio anno. Lo sappiamo: quando cresce il costo del denaro, la redditività delle banche aumenta perché è favorita dal miglioramento dei margini d’interesse. Non a caso, sono attese trimestrali molto buone. Il vero problema è il credit crunch, vale a dire l’impatto della stretta monetaria della Bce sulle imprese, di cui anche nel nostro paese si cominciano a vedere segnali”. 

Nicastro cita gli ultimi dati del Fondo centrale di garanzia: nel primo trimestre del 2023 i crediti erogati al mondo produttivo sono stati 11 miliardi rispetto ai 17,8 dello stesso periodo dello scorso anno e ai 26,8 miliardi del 2021. Certo, c’è stata la pandemia e la scelta del governo italiano dell’epoca fu di utilizzare il canale del Fondo centrale di garanzia, gestito da Mediocredito centrale, per far ripartire il sistema produttivo. Anzi, si può tranquillamente dire che l’economia del paese, che ha evitato il collasso nel 2020-2021 e conosciuto una ripresa nel 2022 che è stata la più imponente in Europa, è dipesa sostanzialmente dai finanziamenti garantiti dal Fondo. Ebbene, proprio dall’andamento di questi prestiti si vede oggi una netta inversione di tendenza che rappresenta “un segnale di allarme”, secondo Nicastro. “Il settore che rischia di peggiorare di più per l’aumento del costo del debito è quello immobiliare non residenziale, soprattutto il segmento degli uffici che risente anche dei cambiamenti di stili di vita e dei nuovi modelli organizzativi. E’ possibile, inoltre, che si verifichi un deterioramento degli attivi bancari legati a questo settore”, prosegue. 

Che la stretta monetaria si stia facendo sentire sull’economia reale lo ha ammesso anche Bankitalia nella sua relazione sulla stabilità finanziaria di venerdì scorso in cui a un certo punto dice che “in presenza di condizioni di finanziamento più rigide, la crescita dei prestiti alle imprese si è gradualmente arrestata nel corso del 2022”. Ma aggiunge anche che il calo “ha interessato solo le imprese più rischiose”. L’impatto è, dunque, limitato. Non è così? “Partiamo da un punto: quando aumentano i tassi, le banche centrali vogliono raffreddare l’economia perché in questo modo ottengono la frenata dei prezzi. Voglio dire che la possibilità che si verifichi un credit crunch viene messa in conto. Ed è quello che sta succedendo in Europa e in misura molto più pesante negli Stati Uniti, ma per motivi diversi perché lì le banche piccole e medie, che rappresentano l’ossatura del sistema creditizio, stanno improvvisamente irrigidendo i criteri di erogazione dopo avere rischiato una crisi sistemica determinata da regole e vigilanza troppo lasche”. Dunque, non ci si può sorprendere per il credit crunch che è il prezzo che si paga per la lotta all’inflazione. “Quello che si può osservare – dice il banchiere - è che il Fondo centrale di garanzia è uno strumento che ha funzionato bene negli ultimi anni e può continuare a farlo al meglio anche in questa fase in cui la liquidità che arriva alle imprese comincia a scarseggiare”. 

Nicastro ha un punto di osservazione molto ravvicinato del sistema produttivo attraverso la banca che presiede e che segue solo imprese di piccole e piccolissime dimensioni. AideXa è ancora una start up nel mondo fintech, una sfida che grandi gruppi come Generali con il 16 per cento, Banca Ifis e Banca Sella con il 10 per cento, Isa, Confartigianato e tanti altri piccoli investitori hanno lanciato in mezzo al Covid e che ha ottenuto la licenza bancaria a metà 2021. Il credit crunch è insieme una sfida e un’opportunità.
 

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