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il report

Sace spiega ai nazionalisti perché la globalizzazione è un'opportunità

Mariarosaria Marchesano

Diversificazione dell'export, accesso alle materie prime e ritorno delle produzioni in Italia. Così l'azienda gestita dal ministero dell'Economia aiuta le imprese italiane a orientarsi nel mondo post-pandemia (e nel bel mezzo della guerra)

L’Italia ha lavorato molto per diversificare le sue fonti energetiche e sottrarsi al ricatto russo del gas. Ma è stato messo in campo un lavoro analogo anche per aiutare le imprese a differenziare mercati e di sbocco e di fornitura, considerato che l’export è il puntello che sta consentendo al pil nazionale di non precipitare nella prospettiva di una recessione e, comunque, rappresenta da sempre la forza dell’economia (nel 2022 è stato registrato un incremento del 20 per cento rispetto all’anno precedente). Ad occuparsene è una società direttamente controllata dal Mef, la Sace, che in questa particolare fase storica ha assunto un ruolo che va ben al di là della fornitura di assicurazioni statali alle vendite all’estero. E’ un ruolo di rilevanza strategica e di sistema, confermato dal passaggio di Sace nell’orbita del Tesoro. Oggi si vedono i primi risultati di questo cambio di paradigma. “Crisi sanitaria prima e tensioni geopolitiche poi – spiega Antonio Frezza, che di Sace è chief marketing&Sales Pmi – ci hanno imposto una riflessione su come aiutare le imprese italiane ad affrontare le continue mutazioni del contesto globale. Da qui nasce un’azione concreta di supporto con un piano industriale di 111 miliardi in tre anni. Puntiamo, per esempio, ad aiutare soprattutto le piccole e medie imprese a diversificare e sostituire i paesi colpiti dalle sanzioni conseguenti il conflitto russo-ucraino con quelli emergenti, come Emirati Arabi, Africa sub-sahariana, sud est asiatico e sud America, che rappresentano le aree in cui l’export italiano ha ampi spazi di crescita”.

 

Trovare nuovi mercati sbocco alla manifattura italiana, per sostituire Russia, Bielorussia, Ucraina e tutti i paesi coinvolti nei blocchi occidentali e americani, è una missione fondamentale così come lo è aiutare le imprese a individuare nuovi possibili fornitori di materie prime e semilavorati più vicini e semplici da raggiungere rispetto alla Cina, dove le prolungate chiusure hanno causato seri problemi alla catena globale del valore. “Stiamo cercando di stimolare e favorire, laddove è possibile, anche la tendenza al reshoring, vale a dire il ritorno in Italia di produzioni che in passato sono state delocalizzate  – prosegue Frezza – in modo che le aziende possano contare su una filiera solida e non soggetta alle interruzioni. Una novità importante è che Sace potrà emettere garanzie statali non solo per supportare le aziende nell’espansione sui mercati esteri ma anche per svilupparsi su quello domestico”. Insomma, ci si può attendere se non proprio un ritorno a casa dell’industria italiana, un rafforzamento sul territorio nazionale con ricadute positive anche sull’occupazione. Il focus, comunque, restano i mercati globali, che stanno cambiando rapidamente imponendo una capacità di adattamento alle aziende senza la quale rischiano di finire in un angolo.

 

Tra qualche giorno, Sace pubblicherà la tradizionale mappa dei rischi, cioè una sorta di bussola per le imprese esportatrici alle quali la crisi energetica post pandemica ha imposto un riposizionamento degli investimenti. Com’è cambiata la mappa alla luce del conflitto russo-ucraino? “Io la chiamerei a questo punto mappa delle opportunità: non solo ci sono nuove aree da esplorare per la vendita dei beni italiani, ma fattori come il cambiamento climatico offrono alle aziende l’occasione di riposizionarsi nella transizione energetica. E’ un passaggio delicato e noi di Sace lo sappiamo bene, per questo abbiamo studiato tutta una serie di soluzioni, anche a livello formativo e informativo, per far fare un salto culturale soprattutto alle aziende di piccole dimensioni, che si stanno misurando con la transizione energetica ma anche con i bandi del Pnrr a cui le incoraggiamo a partecipare fornendo loro strumenti utili attraverso i nostri canali digitali e le nostre sedi territoriali”.

Sul portale di Sace, a disposizione delle imprese ci sono una cinquantina di buyer, un’ottantina di export temporary manager e circa mille tra intermediari finanziari e società di consulenza. Una rete di supporto differenziata per favorire l’accesso al credito e alla liquidità, ma anche per potenziare quella resilienza che sta consentendo all’industria italiana di assorbire gli choc esterni degli ultimi tre anni.

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