Esterno della sede Telecom di Corso Italia, Roma, 24 luglio 2017. ANSA/ALESSANDRO DI MEO 

editoriali

Tim sconta le idee dei sovranisti

Redazione

Un report di Barclays e un tonfo in Borsa. C’entra la cattiva idea sulla rete

I danni del sovranismo economico si traducono molto rapidamente in cali borsistici. È successo ieri con il titolo Tim, al quale è stato dedicato un report di Barclays tutt’altro che incoraggiante. In cui si consigliava agli investitori di ridurre il peso delle azioni della Telecom italiana, in vista di un prezzo obiettivo delle azioni portato a 0,15 euro da 0,19 precedente. Di studi e previsioni delle banche d’affari ne escono abbastanza spesso, e non sempre il mercato li segue. Questo, invece, è stato molto ascoltato, con un calo delle azioni Tim dell’8 per cento in una sola seduta.

 

A rendere specialmente credibile il lavoro analitico di Barclays è lo scenario politico, perché la stima fa leva sui progetti, di stampo patriottico o sovranista, con cui il partito indicato come titolare della quota di controllo della futura maggioranza di governo ha bloccato le operazioni sulla rete e i progetti di ristrutturazione dell’attività di Tim. Non era stata neppure la leader del partito, ma altri esponenti, comunque di un certo rilievo, a criticare il piano cui faticosamente erano arrivati Cdp e i principali soci internazionali di Tim.

 

Rispondendo alle obiezioni del Foglio, quando emerse la volontà di fermare il piano di Cdp, lo stesso responsabile tlc di FdI, Alessio Butti, aveva ripetuto all’inizio di agosto che per il suo partito “la rete deve rimanere in capo a Tim, una Tim diversa, non verticalmente integrata”. Le banche d’affari osservano, ascoltano, e poi traducono in analisi per gli investitori. Su cosa sia una “Tim diversa e non verticalmente integrata” il report tace, mentre si dedica ai concetti comprensibili, cioè all’idea che la rete debba, per volontà di chi probabilmente governerà in Italia, restare in capo a Tim. E qui sta il punto, perché l’immobilità gestionale che traspare da questi propositi, assieme alla situazione debitoria storica del grande operatore delle telecomunicazioni italiano, danno una prospettiva per nulla invogliante a chi volesse investire o già ne detenesse azioni.

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