Ignazio Visco durante un evento pubblico a luglio (Ansa)  

editoriali

La giusta lezione di Visco sulle bollette

Redazione

Perché la risposta alla crisi energetica passa dall’avere più Europa e non più debito

Da quando il governo ha deciso di intervenire per ridurre l’impatto dei rincari delle bollette sono stati stanziati più di 30 miliardi. Ovviamente non sono bastati, con i prezzi del gas sulle montagne russe, e la prossima settimana il Parlamento voterà per autorizzare l’impiego di altri 6,2 miliardi recuperati dalle maggiori entrate fiscali. Questo tesoretto sarà la base del nuovo decreto Aiuti, il terzo in quattro mesi. Ma è a dir poco esiguo e al Mef si lavora per rintracciare altre risorse tra le pieghe di bilancio e le entrate della tassa sugli extraprofitti. Il tentativo è dovuto, con la crisi dei prezzi che deprime la ripresa, ma il provvedimento avrebbe comunque un respiro corto di fronte ai rincari destinati a durare. Alcuni partiti indicano la strada dello scostamento di bilancio, ma quella via somiglia più a un vicolo cieco.

 

Da ieri se n’è fatta portavoce anche Azione, prendendo una posizione divergente dagli alleati di Italia viva. Carlo Calenda ha chiesto al governo “di darsi una mossa” anche a costo di fare nuovo debito per evitare che la crisi lasci spazio al malcontento e porti vantaggio a chi sostiene posizioni filorusse. Un ragionamento curioso, se si pensa che è proprio il più filorusso dei partiti, cioè la Lega di Matteo Salvini, a spingere perché il governo approvi un nuovo scostamento. Il rischio di seguire questa strada l’ha spiegato ieri il governatore della Banca d’Italia. “Lo choc energetico in corso costituisce un onere ineludibile per il paese”, ha detto Ignazio Visco, ma se si sceglie di finanziarlo con l’emissione di debito pubblico “bisogna fare attenzione a non caricare oneri ingiusti sulle generazioni future”. Viene in mente, anche solo per assonanza, il Next Generation che l’Ue ha varato con coraggio durante la pandemia. Lo stesso coraggio servirebbe oggi. Invece Bruxelles ancora non corre: il price cap è ancora una bozza (anche se da ieri è vicino a essere una promessa), nonostante a ottobre sarà passato un anno da quando Draghi lo propose per la prima volta. Ed è questa la cornice perfetta per dare spazio alle pulsioni euroscettiche e filorusse.

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